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19960711 - 11 lulgio

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
Discorso del 11 luglio 1996

La mancanza di valori è la causa della violenza nel mondo


Luce significa conoscenza e oscurità indica ignoranza


Studenti!
Oggi l’uomo è in uno stato di grande confusione. La parola “Dio” viene interpretata in molti modi. Secondo una di queste interpretazioni, Egli è Colui che trascende il tempo.

Dio significa luce
In realtà, la parola Dio significa “Luce che è presente in tutti gli esseri”. I nostri antichi descrivevano Dio come la fonte della luce, di splendore e radiosità. La luce diventa oscurità e l’oscurità diventa luce. Le due non possono coesistere: la luce è assenza (abhâva) di oscurità e l’oscurità è assenza di luce. Abhâva significa “non esistenza”, e bhâva “esistenza”. Luce significa conoscenza e oscurità indica ignoranza. Il termine bhâva ha molti significati; uno di questi rappresenta il sentimento con cui voi pregate Dio. La preghiera è quindi di quattro tipi: bhâva prârthanâ (pregare Dio con tutto il cuore), lîlâ prârthanâ (lodare il Suo Gioco Divino), guna prârthanâ (descrivere i Suoi attributi) e sankîrtana prârthanâ (cantare il Suo Nome Divino). L’uomo può sperimentare la Divinità seguendo uno qualunque di questi percorsi; la fonte di tutti e quattro questi tipi di preghiera è il cuore.


Dio non è in un Paese straniero: è in voi.
Il peccato non è altrove: è nel luogo in cui si commette un’azione errata.


Il merito e il demerito non si trovano in un Paese straniero: essi sono in voi. Tutto è presente nel corpo umano. L’Âtma che si trova nel deha (corpo umano) è chiamato Dehin (Abitante) o Sharîrin (Abitante) perché risiede nel sharîra (corpo). Esso ha anche il nome di Kshetrajña (Conoscitore del campo) dato che risiede nel kshetra (corpo come campo d’azione dei sensi).


Deho devâlaya prokto jîvo devah sanâtanah
Il corpo è un tempio e il Residente è Dio.


Deha è devâlaya e jîva è Deva. Dovreste cercare di comprendere la differenza che c’è tra jîva e Deva: il corpo è la base di jîva, mentre la mente e l’Âtma sono la base di Deva. Per dirla in parole semplici, chi vacilla è il jîva e chi è stabile è Deva. Dio è sempre stabile. Chi è lento ma saldo vince la corsa (in altre parole, chi va piano va sano e va lontano – N.d.T.). Si dovrebbe sempre essere stabili: questo è il segno vero della Divinità. È il jîva a essere instabile, e oscilla come un pendolo.


La vita nel mondo è passeggera,
come lo sono la giovinezza e la ricchezza.
Anche la moglie e i figli sono transeunti.
Solamente la verità e il buon nome sono permanenti.


Tutto ciò che è terreno è temporaneo
Il corpo umano, i suoi stadi differenti, gli oggetti del mondo, la felicità e il dolore sono tutti effimeri. Anche la gioventù è temporanea; non c’è all’inizio e non ci sarà più tardi. Essa arriva e se ne va come una nuvola passeggera. Similmente, il denaro: quanto rimane con noi? Esso scivola via come acqua che scorre sotto i piedi. Pensate di avere una banconota da cento rupie e dire orgogliosamente: “Questo è il mio biglietto da cento rupie.” Il biglietto, ridendo di voi, dirà: “O testa matta! Quanto posso rimanere con te? Vai al bazar e compra qualcosa: io ti lascerò immediatamente; non rimarrò per sempre nelle tue mani. Ho visto molta gente come te. Anche la mia forma si è deteriorata per il fatto che molti mi hanno maneggiato.” Tutte le forme sono soggette al cambiamento; anche quella di una sostanza dura come la pietra subirà un cambiamento con l’uso. Com’è piccola una formica! Eppure, se guardate attentamente, vedrete che le formiche lasciano una traccia anche su una superficie dura se continuano ad andare su e giù in fila. Se una sostanza dura come la pietra può perdere la sua forma, che cosa accadrà a una banconota che è fatta di carta? Il prossimo verso della quartina è asthiram dara putradi (anche la moglie e i figli sono transeunti). Da dove sono venuti i tuoi figli? Sono venuti con te quando sei nato? No, prima della nascita non avevi figli e dopo la morte non ve ne saranno. Similmente, prima del matrimonio non avevi moglie e dopo la morte ella non ci sarà; solamente dopo il matrimonio tu dici: “Questa è mia moglie.” Al pari, soltanto dopo la nascita del figlio tu dici: “Egli è mio figlio.” Chi consideravi tua moglie e tuo figlio prima del matrimonio? Nessuno. Per questo si dice asthiram dara putradi.
Comunque, due cose sono durature in questo mondo.


Satyam kîrti dvayam sthiram
La Verità e il buon nome sono duraturi in questo mondo.


La buona reputazione di un uomo rimane anche dopo la sua morte.


Trikâlâbâdhyam satyam
La Verità rimane uguale nei tre periodi di tempo: passato, presente e futuro.


La Verità è presente prima della nostra nascita, durante la vita e anche dopo la morte; essa non va incontro a cambiamento.


Ekameva advitîyam satyam
La Verità è una senza una seconda.


Solitudine significa comunione con Dio

Che cosa rimane infine con l’uomo? Solamente la Verità. Dio è l’Incarnazione della Verità, la Verità è Dio; quindi voi dovreste contare su di Essa. In effetti, voi Ne siete l’incarnazione. La Verità non è qualcosa di nuovo da scoprire; si manifesta se sedete in silenzio profondo e in solitudine. Che cosa significa “solitudine”? La gente ha una nozione errata di questa parola e la fraintende in molti modi pensando che sedere da soli in una stanza con la porta e la finestra chiuse sia solitudine, ma non lo è: è isolamento. Molti altri pensano che sedere sotto un albero nella foresta o in una grotta montana sia solitudine; neppure questo, però, è il suo vero significato. Solitudine vuol dire essere in comunione con Dio dovunque ci si trovi, al mercato, a un’assemblea o in mezzo a una folla. Dovunque siate, la mente deve essere concentrata su Dio senza essere distratta da questioni familiari o inerenti il mondo. La solitudine è la comunione totale tra voi e Dio; niente deve distogliere la vostra attenzione da Dio. Questo è il significato vero di solitudine. Qualunque cosa stiate facendo, anche viaggiando in autobus o in treno o in aeroplano, tenete sempre la mente stabilmente fissa su Dio. Mentre meditate su Dio o Lo contemplate, non lasciate che altri argomenti distraggano la mente: soltanto così potete avere l’esperienza della Luce Divina. Quando in un bosco i rami degli alberi sfregano l’uno contro l’altro, scoppia l’incendio; in modo simile, quando c’è la comunione costante tra Jîva e Deva, si può sperimentare la Luce dell’Amore. Tra l’Amore di Dio e quello tra marito e moglie, genitori e figli, e fratelli e sorelle, c’è un mare di differenza; l’amore terreno è temporaneo, effimero, transitorio e instabile, mentre l’amore tra voi e Dio è permanente, immutabile e scevro da illusione. Chi è dotato di un principio simile d’amore vero ed eterno raggiungerà tutti i tipi di felicità e tutto sarà sotto il suo controllo. Per questo Tyâgarâja disse: “O Râma, se avrò la forza della Tua grazia, tutti i nove pianeti saranno sotto il mio controllo”, e Purandaradasa affermò: “A che cosa servono gli occhi che non vedono Dio? A che serve la vista che non è focalizzata su Dio?”

Usate i sensi per sperimentare Dio
Una volta il Signore Krishna apparve a Surdas nelle vesti di un mandriano e gli chiese: “Dove sta andando, signore?” Al che egli replicò: “Mio caro, posso sapere chi è lei?” Krishna rispose: “Io sono un mandriano.” Questo termine ha due significati, uno è quello di pastore di vacche e l’altro è Gopâla, il Protettore delle vacche, un’altro nome di Krishna. Il Signore Krishna gli chiese ancora: “Dove stai andando?” Surdas rispose: “Mio caro, sto andando a Dvârakâ.” Krishna allora disse: “Questa non è la via che porta a Dvârakâ; vieni, te la mostrerò”, e poi ancora: “Sai davvero chi sono?” Surdas replicò: “Tu stesso mi hai detto di essere un mandriano.” Krishna lo interrogò di nuovo: “Sai che tipo di mandriano sono? Io sono Gopâla. Tu stai andando fino a Dvârakâ per incontrare Gopâla che è qui ora davanti a te. Riparerò la tua vista in modo che tu possa vederMi.” Surdas allora disse: “O Krishna! Sebbene la gente abbia gli occhi, è diventata veramente cieca dato che non cerca di vedere la Tua Forma Propizia. Quanti hanno gli occhi in questo mondo? Ma a che serve? Quanti possono vederTi? Nessuno. A me basta avere gli occhi che vedono Te. Le persone hanno le orecchie, ma sono sorde alla melodia del Tuo flauto divino che incanta; c’è qualcuno che l’ha udito? Assolutamente nessuno. Dato che io ho Dio Stesso con me, perché dovrei spasimare per la miserevole vita mondana? Dal momento che tu sei con me come la Montagna d’Oro (Meru), perché dovrei desiderare delle piccole monete? O Gopâla! Tu non sei un mandriano comune. Ora lo so: Tu sei il Signore Krishna. Ho potuto visualizzare la Tua bellissima Forma nell’udire le Tue dolci parole.” Dio parla sempre sommessamente e dolcemente.


Il Suo parlare, i Suoi occhi e la Sua visione sono dolci.
Egli è il Signore della dolcezza e anche la dolcezza stessa.


Vivete nel mondo senza attaccamenti alle cose del mondo
Tutto ciò che riguarda Dio è dolce. Tulsidas paragonò i Piedi, le Mani, gli Occhi e la Faccia di Dio al loto; perché? Dove cresce il loto? Esso nasce nel fango e cresce sulla superficie dell’acqua, ma non è toccato dal fango in cui nasce né dall’acqua in cui galleggia; eppure senza fango e acqua non può vivere neppure un minuto. Similmente, voi siete nati nel fango delle vite passate e vivete nel mondo che è come l’acqua. Come il loto, che non è toccato dall’acqua o dal fango, voi dovreste vivere liberi dall’influenza delle vite passate e distaccati dal mondo. Non dovreste essere coinvolti dall’acqua del prapañcha. Che cos’è il prapañcha? Pra significa manifestare e pañcha indica i cinque elementi; quindi prapañcha è la manifestazione dei cinque elementi. Questi cinque elementi sono presenti dovunque andiate, anche sulla luna; senza di essi non potete vivere. Voi potete vivere in questo mondo ma non dovete avere alcun attaccamento a esso. Le signore applicano il collirio agli occhi in modo tale da non toccare il bulbo oculare; voi mangiate molti piatti conditi con l’olio, come il palav  e il kurma, ma la vostra lingua non diventa scivolosa. Allo stesso modo, Io non sono toccato da questo mondo nonostante ci viva dentro, non sono coinvolto dalle dualità della contentezza e del dolore, dell’attaccamento e del distacco, dell’unione e della separazione. La Mia relazione con tutti è al livello atmico e non a quello fisico o mentale. È la mente dell’uomo ad allacciare le relazioni con gli oggetti del mondo; quindi volgete la mente verso Dio: ecco che cosa si intende veramente per solitudine.

Custodite gelosamente nel cuore l’Amore e la Rettitudine
Dov’è Dio? Egli è dovunque; non c’è luogo ove Dio non sia. Ogni cosa in questo mondo è manifestazione di Dio, per cui non c’è alcun bisogno di andarLo a cercare. Egli risplende in noi sotto forma di Verità. La Verità segue la Rettitudine. Dove ci sono Verità e Rettitudine c’è Amore e dove c’è Amore non può esserci violenza. Chi conduce la propria vita nella Verità, nella Rettitudine, nell’Amore e nella Pace non si abbandonerà alla violenza; quindi, abbiate a cuore la Verità, la Rettitudine, la Pace, l’Amore e la Non violenza (Satya, Dharma, Shânti, Prema e Ahimsâ). Fate che la lingua dica sempre la verità, che le mani compiano cose oneste e che il cuore sperimenti l’Amore: allora sarà pace nella mente e la violenza non troverà spazio nella vostra vita. In effetti, dove ci sono Satya, Dharma, Shânti e Prema non può esserci violenza alcuna. Dovete bandire la violenza persino dai pensieri. Il fatto che oggi vi sia tanta violenza nel mondo è dovuto alla mancanza di valori. Prima di tutto dovete sviluppare l’Amore; con esso otterrete qualunque cosa. Quindi, non abbandonateLo mai. Io metto in risalto l’Amore e la Rettitudine in tutti i Miei Discorsi; non posso tenere un Discorso senza prenderli in considerazione. In effetti, essi sono veramente il Mio respiro vitale. Qualunque sia l’argomento dei Discorsi, l’Amore e la Rettitudine ci sono sempre. L’insegnamento principale del Veda è Satyam vâda dharmam chara (Di’ la verità, segui la rettitudine) e l’uomo dovrebbe seguirli incondizionatamente nella vita di tutti i giorni.
Studenti! Voi studiate molti libri e vi specializzate in vari campi, ma quanto riuscite a custodire gelosamente nel cuore i princìpi dell’Amore e della Verità? Fate pure sevâ, ma quale tipo di sevâ dovreste fare? Dovete fare il sevâ che distrugge l’ego, il sevâ in cui non vi è spazio per l’ostentazione. Molti devoti Mi chiedono: “Swami, dammi un buon intelletto e la forza necessari per seguire la strada giusta.” A Mio parere, coloro che chiedono questo non sono affatto devoti. Voi siete provvisti di un buon intelletto, ma non ne fate uso. Questo non è come una transazione bancaria in cui si prende e si dà. Il cibo vi viene servito su un piatto, ma, se non mangiate, come potete saziare la fame? La forza si ottiene dopo aver mangiato, ma voi non mangiate e quindi non la ottenete e vi considerate deboli e incapaci.

Mettete in pratica ciò che ascoltate
Praticate e sperimentate tutto ciò che vi viene insegnato. In che modo vengono messi in pratica questi insegnamenti? Le persone vanno nei luoghi religiosi ad ascoltare Discorsi e letture dei testi e, finché ascoltano, provano un sentimento di distacco e rinuncia; quanto durano però questi sentimenti? Essi scompaiono non appena i Discorsi sono finiti; non rimangono in loro nemmeno fino a casa. Che beneficio può trarre questo tipo di persone dall’ascolto di Discorsi spirituali? Esse ascoltano soltanto e non mettono in pratica; il beneficio desiderato, però, si ottiene soltanto attuando ciò che si è ascoltato. Voi potete gustare il cibo, saziare la fame e ottenere forza mangiando; se non conoscete il sapore e non avete forza significa solamente che non avete mangiato. Bisogna assimilare e mettere in pratica ciò che si ascolta, ma oggi, per colpa dell’Era di Kali, anche il frequentare incontri spirituali è diventato una moda. C’è moda dovunque, ma non compassione (fashion and no compassion)! Quando si sviluppa la compassione, non c’è spazio per la moda, ma oggi lo stesso ascolto di Discorsi spirituali è moda. Se qualcuno vi chiede: “Dove sei andato?” rispondete: “Sono stato ad ascoltare il discorso di un tale.” Se l’altro prosegue chiedendo: “Che cosa diceva?” la vostra risposta è: “Molte cose.” Se però vi viene chiesto di citare qualcosa che avete ascoltato, dite che non vi è rimasto niente nella testa. Allora a che scopo ci siete andati?
C’era una volta un uomo d’affari che soleva ascoltare ogni giorno dei discorsi su argomenti mitologici; il predicatore enfatizzava l’importanza della rinuncia ed esortava gli ascoltatori a sviluppare tale capacità. Passarono gli anni e, iniziando una speciale sessione spirituale che durava una settimana, il predicatore disse all’uomo di frequentarla ogni giorno senza interruzione: così facendo avrebbe ottenuto grande merito. Accadde che l’uomo d’affari dovesse assolutamente recarsi in un altro villaggio, per cui chiese di poter mandare per una volta il figlio a partecipare al suo posto alla sessione spirituale, al che il predicatore gli rispose che poteva farlo. Quando l’uomo andò a casa, ebbe un pensiero: “Il predicatore pone molto l’accento sullo spirito di rinuncia. Dice che il mondo è passeggero e che anche la giovinezza e la ricchezza lo sono; se mio figlio ascolta tutto questo, potrebbe maturare lo spirito di rinuncia, abbandonare tutto e andar via di casa.” Con questo dubbio nella testa, l’indomani mattina andò presto dal predicatore e disse: “Signore, voi fate ottimi discorsi, ma quale sarà il mio destino se, ascoltandovi, mio figlio diventa un rinunciante e abbandona la casa?” L’altro, allora, rispose: “Tu ascolti i miei discorsi da dieci anni: quanto spirito di rinuncia hai maturato? Pensi che tuo figlio diventi un rinunciante ascoltandomi una volta? Lo spirito di rinuncia non è così facile da ottenere.”
Le persone ascoltano i Discorsi per anni di seguito, ma neppure un briciolo di distacco o devozione mette radici nella loro testa; finché odono il Discorso sono contenti, ma, non appena se ne vanno e varcano il cancello, sono daccapo. A che serve ascoltare Discorsi per così tanto tempo? Io tengo Discorsi ogni giorno e non provo alcuna fatica nel farlo, mentre voi vi stancate molto nell’ascoltarli. Conservate gelosamente nel vostro cuore almeno un insegnamento? D’altro canto, Mi chiedete: “Swami, voglio questo e quello. Fai questo per me, fai quello per me.” Come posso farlo? Come potete sperare di ottenere la liberazione senza mettere in pratica niente? Non vi vergognate a chiedere così? Con che faccia lo fate? Quanto mettete in pratica i Miei Insegnamenti? Questo dovete comprendere per prima cosa. Voi ascoltate i Miei Discorsi da diversi anni, ma ai vostri desideri terreni non c’è controllo; essi vanno aumentando giorno per giorno e inoltre Mi chiedete di fare questo e quello. Fate come vi dico e Io farò tutto per voi senza che lo chiediate. Voi, però, siete degli eroi nel chiedere e delle nullità nel mettere in pratica! La condizione dei devoti di oggi è quella di essere sempre pronti per il cibo e mai per il lavoro; essi non seguono alcuna istruzione venga loro data. Prima di tutto dovreste seguire le raccomandazioni e cercar di attuare almeno una o due di esse. La pratica è davvero essenziale. Tutti i testi sacri come il Râmâyana, il Mahâbhârata, il Bhâgavata, il Corano e la Bibbia servono a esser messi in pratica e non servono semplicemente come Pârâyana (lettura con elaborazione chiarificatrice). In effetti, i testi sacri di tutte le religioni chiedono di esser tradotti in azioni e non semplicemente studiati. La pratica, oggi, brilla per la sua assenza. Il Râmâyana, la Bhagavad Gîtâ o il Vishnu Sahasranâma molta gente li legge e basta; a che serve leggerli soltanto senza la pratica? Una lettura simile è un esercizio inutile. Che beneficio potete trarre dalla loro mera lettura se non li traducete in regole di vita? Un cucchiaino di latte di mucca è più utile di barili di latte d’asina; quindi la pratica è estremamente importante. Non parlate troppo, vivete pacificamente, non allacciate relazioni superflue, non abbandonate mai l’amore e date aiuto a tutti quelli che ne hanno bisogno.


Aiuta sempre, non ferire mai.


Mettere in pratica questo principio è sufficiente. Voi dovreste sempre parlare sommessamente e dolcemente; soltanto allora il soggiorno nell’âshram, l’ascolto dei Discorsi e lo studio dei testi sacri saranno fecondi. La gente vive nell’âshram ma crea problemi per se stessa e per gli altri; a che serve la sua permanenza? Voi venite qui per liberarvi di tutte le difficoltà e le preoccupazioni, ma, dopo essere venuti, maturate ogni tipo di attaccamento. Âshram è un luogo in cui non dovrebbe esserci alcuno shram (problema). Quindi, se state nell’âshram, vivete liberi da tutti i problemi. Dato che tengo giornalmente dei Discorsi, posso ripetere certe cose. Lo faccio affinché possiate rifletterci e metterle in pratica.

(Bhagavân ha concluso il Discorso con il bhajan: “Râma Jayam Raghurâma Jayam…”).


Prashânti Nilayam, 11 luglio 1996,
Sai Kulwant Hall

(Da “Sanâtana Sârathi”, settembre 2011)