Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
Discorso del 19 luglio 1996
Il canto del Nome è la via regale per la redenzione dell’uomo
La devozione è la base necessaria a ottenere la conoscenza dell’Essere Supremo.
La devozione è la panacea che serve a guarire dalla malattia della nascita e della morte.
È la devozione che guida l’uomo alla conoscenza della Verità eterna
e gli dona la liberazione che è lo scopo ultimo della vita.”
Nel canto del Nome c’è un potere immenso
La gente segue vari sentieri di devozione per ottenere la grazia di Dio. Che cosa s’intende per bhakti (devozione)? La parola deriva dalla radice bhaj che significa sevâ (servizio) e indica il Principio dell’Amore, pur avendo molti altri significati.
Il canto del Nome Divino dona eterna beatitudine
I devoti cantano le glorie del Signore in quattro modi: inneggiando agli Attributi Divini, alle Gesta, ai Pensieri e ai Nomi di Dio. Dio è privo di attributi e oltre i pensieri, per cui, elogiando gli attributi di Colui che è senza attributi, non potete ottenere soddisfazione completa. Pensare di poter compiacere Dio elogiando il Suoi attributi è pura illusione. La soddisfazione che ottenete dal guna sankîrtana (canto dei Nomi del Signore che ne descrive gli attributi e le qualità – N.d.T.) è soltanto temporanea; in verità, Dio non ha attributi. Molti devoti inneggiano agli attributi di Dio in questo modo:
O Signore dell’universo!
Tu sei caro a Lakshmî, la Dea della ricchezza,
Tu doni prosperità a coloro che prendono rifugio in Te,
Tu riposi disteso sul serpente Âdi Shesha
e sei l’Incarnazione della ricchezza e della beatitudine.
Ti prego, distruggi i miei legami con il mondo e concedimi la felicità eterna.”
La gente loda Dio come Shesha Shayana (Colui che giace sul serpente Shesha), come Shrînivâsa (Colui nel cui cuore risiede Lakshmî), come Cidvilâsa (Dimora della beatitudine). Chi è Shrînivâsa? Chi è Cidvilâsa? Questo non è lodare i Suoi attributi? I devoti che esaltano gli attributi del Signore in questo modo possono ricavarne solamente una soddisfazione temporanea. Similmente, molti devoti come Jayadeva e Gauranga inneggiavano ai giochi divini del Signore. Jayadeva, Gauranga, Mîrâ e Sakkubai cercarono soddisfazione nel cantare i lîlâ del Signore, ma alla fine compresero che il mondo intero è il lîlâ del Signore, che la stessa creazione è il Suo lîlâ. Come si può dunque indicare soltanto alcune azioni del Signore come Suoi giochi? Avendo compreso questa verità, essi presero a recitare il Nâma Sankîrtan e sperimentarono la beatitudine. Il Nâma Sankîrtan è la forma di devozione più alta e può condurre l’uomo alla meta ultima della vita. Mîrâ agognava la visione della forma beatifica di Krishna in questo modo:
Mio caro! Vieni a benedirmi con la Tua visione.
Senza di Te, o Krishna, io non posso vivere,
non ho fame durante il giorno e non dormo di notte.
Che cosa posso dire se le parole non mi escono dalla bocca?
Vieni, o Signore, e calma questo cuore che brucia.”
Infine, Mîrâ comprese che il giorno è Krishna, la notte è Krishna e ogni cosa è Krishna; Egli è il tempo stesso. Tutto è il Suo gioco divino. Avendo compreso questa verità, Mîrâ considerò Krishna come l’Abitante del suo cuore (Hridayavâsin), e disse: “O Krishna, il mio cuore è il Tuo tempio.” Ci sono molti devoti che si perdono nel pensiero di Dio e cantano:
O Signore, il Tuo viso è bello come la luna,
i Tuoi Piedi di loto sono adorati da tutti gli Dei.
Tu sei caro alla Dea Lakshmî.
Dovunque io guardi, vedo soltanto Te.
Tu sei anche nelle strade e nelle traverse.
Io Ti vedo come l’Abitante di tutti e come l’Incarnazione della Beatitudine.
A coloro che si rifugiano in Te, Tu concedi prosperità.
O Govinda, donatore di Beatitudine eterna, vieni subito a salvarmi.”
Importanza spirituale dei giochi di Krishna
Dio è immanente in ogni particella dell’universo; a che scopo parlare di vie e viuzze? Tutto l’universo è il Suo gioco (lîlâ), quindi è in seguito alla vostra immaginazione che cantate il Guna Sankîrtan, il Bhâva Sankîrtan e il Lîlâ Sankîrtan. Dei quattro tipi di sankîrtan, il Nâma Sankîrtan è il migliore e il più elevato; è veramente la via regale per la redenzione dell’uomo. Quando molte persone si riuniscono e cantano il Nâma Sankîrtan con tutto il cuore, le vibrazioni divine che esso genera si spandono dovunque. Quando Dio assume una forma, prende anche un nome. Mentre si recita il Nome, si dovrebbe meditare sulla forma: questo è il canto con meditazione e la meditazione con il canto (japa sahitâ dhyâna e dhyâna sahitâ japa). Le gopî non solo cantavano il Nome di Krishna, ma erano anche profondamente attaccate alla Sua Forma. Ogni cosa, a questo mondo, ha un nome e una forma. È l’affezione al nome e alla forma a far sorgere l’attaccamento e il sentimento di mio e tuo (abhimâna e mamakâra). Alcuni ridicolizzano i giochi divini di Krishna senza capire la loro importanza; in modo simile, anche oggi molti criticano Dio senza comprendere il valore dei Suoi divini lîlâ. Quando Krishna giocava e danzava con le pastorelle, era un bambino di appena sei anni. A che scopo criticare le azioni di un bimbo di sei anni? La critica nasce soltanto dall’immaginazione delle persone.
Una volta, Krishna andò a casa di una pastorella e bussò alla porta mentre il marito di lei stava dormendo; la donna impiegò un po’ di tempo per rispondere. Krishna non era certamente uno che se ne stesse tranquillo, per cui continuò a bussare ed ella Gli parlò attraverso la fessura della porta:
Krishna! Ti aprirò la porta.
Perché tutta questa fretta?
Abbi pazienza. Mio marito sta riposando,
quindi aspetta un po’.”
Nonostante la preghiera della pastorella, Krishna continuò a bussare. Allora il marito si alzò, aprì la porta e fu felice di vedere il bambino Krishna, e non si arrabbiò affatto. Lo prese tra le braccia e Lo portò dentro. Nel vedere questo, la donna andò in estasi pensando: “Ah! Anche mio marito è trasformato; sta riversando il suo amore e affetto su Krishna.” Immersa completamente nel pensiero del Signore, ella perse la coscienza del corpo.
In apparenza, i giochi di Krishna sembrano di natura terrena, ma il loro vero valore è spirituale. In effetti, tutti i lîlâ divini conducono l’uomo dalla materialità alla spiritualità. Si può trarre beatitudine dal canto dei giochi di Dio; come sia dolce e beatificante cantare le Glorie Divine è esperienza di tutti. Quando i devoti recitano il Nâgar Sankîrtan al mattino presto, anche quelli che non sanno cantare si uniscono estaticamente a loro. C’è così tanta dolcezza nel cantare! Che si tratti di credenti o di atei, tutti dimenticano se stessi ascoltando il divino sankîrtan. Il sankîrtan del Nome di Dio cattura il cuore di tutti coloro che vi partecipano, fa che dimentichino se stessi e non solo: tutti i giochi, gli attributi e i poteri divini si possono descrivere splendidamente nel canto. Il canto fa piacere a tutti: è la strada regale per la redenzione. Quei devoti, che cantano la Gloria di Dio con tutto il cuore dimenticando se stessi, maturano amore totale per Dio. Egli diventa davvero il servitore di tali ferventi devoti. Molti di essi disseminano i Poteri Divini in tutto il mondo con i loro canti.
Tu sei oltre la descrizione e l’umana comprensione.
È possibile stimare la Tua gloria e il Tuo splendore?
Io attendo la Tua grazia.
O Signore! Ascolta la mia preghiera e redimimi.
Tu sei Colui che riportò in vita il figlio del Tuo precettore,
Tu sei Colui che sconfisse il serpente Kâliya,
liberò Vasudeva e Devakî e salvò Draupadî dall’umiliazione.
Tu soddisfacesti i desideri di Kucela,
facesti diventare bellissima la brutta Kubjâ,
proteggesti i Pândava e salvasti le sedicimila pastorelle.
Tu sei oltre ogni descrizione e comprensione umana.
Krishna! Neppure Brahma può descrivere la Tua gloria.
Io prego per avere la Tua grazia.”
Dio è oltre tutte le descrizioni e la portata della mente. Per questo i Veda dichiarano: “Le parole e la mente cadono nella futilità senza comprendere la Divinità.”
Importanza suprema del canto di gruppo
Il canto di gruppo (Samashti Sankîrtan) ha il potere di far fiorire il cuore. Esso amplia la mente e spande vibrazioni divine in tutto il mondo; per questo è la più nobile tra tutte le pratiche spirituali. Fu Guru Nanak a iniziarlo; egli avviò questa pratica in cui tutti possono unirsi e cantare all’unisono, ed è solamente questo tipo di canto che può portare alla liberazione. Grandi santi come Kabir Das, Tulsi Das e Râmdas la ottennero con il Nâma Sankîrtan; in esso c’è un potere immenso. Si può dire che Dio non ha forma, ma Egli ha certamente un Nome. Il Nome di Dio, però, non significa solamente Râma, Krishna, Govinda ecc.; Egli Stesso è il Suo Nome. La gente dice che Dio non ha nome né forma, ma non c’è niente in questo universo che non abbia nome e forma. Anche un atomo ha nome e forma; come può il microcosmo diventare il macrocosmo se non ha un nome e una forma? Ogni singola forma è associata a un nome e ogni nome è dotato di potere divino. Per questo i Bhâratîya (gli Indiani) adorano le pietre, gli alberi, gli uccelli e persino i serpenti velenosi; essi credono che nell’universo non vi sia niente che non sia pervaso dalla Divinità ed è perciò che molti fanno Pradakshina (Circumambulazione) (Girare riverenzialmente attorno a una persona, a un oggetto o a un luogo sacro rivolgendo sempre a essi la propria destra – N.d.T.) ovunque si trovino e offrono i loro rispettosi omaggi alla Madre Terra. Dov’è il luogo in cui non c’è terra? Essa è ovunque. Vi racconterò una storiella. Una volta, una volpe prese cinque rupie a prestito dalla Terra. Quando si svegliò la mattina dopo, la Terra le domandò: “Mi restituisci le cinque rupie o no?”. Per sfuggire alla Terra, la volpe si mise a correre e corse tutto il giorno e la notte raggiungendo una foresta distante, dopodiché dormì tranquilla pensando: “Ora posso riposare serenamente senza essere importunata dalla Terra.” La mattina dopo, però, quando si svegliò, la Terra chiese: “Quando mi restituisci le cinque rupie?” Anche la Terra è una forma di Dio ed è presente dovunque come Lui; è per questo che i Veda dichiarano:
“Con mani, piedi, occhi, testa, bocca e orecchie che pervadono tutto,
Dio permea l’universo intero.”
Il canto di qualunque Nome di Dio dona beatitudine
Una volta Madre Terra pregò il Signore Nârâyana: “Swami, io posso sopportare il peso di un qualunque numero di peccatori, ma non di coloro che non ripetono il Tuo Nome; quindi, per favore, mostra a tutti il modo di liberarsi con il canto del Nome Divino.” Vâlmîki compose il Râmâyana in dieci milioni di versi e voleva distribuirli in parti uguali ai tre mondi per cui ne dette 3.333.333 a ognuno, ma, alla fine della distribuzione, avanzò un verso. Sorse il problema di dividerlo in tre parti. Il verso era composto di trentadue sillabe e Vâlmîki ne distribuì dieci a ogni mondo, ma ne rimanevano ancora due; come distribuire due sillabe a tre mondi? Allora Vishnu disse a Madre Terra: “Quando Vâlmîki distribuì un crore di versi del suo Râmâyana ai tre mondi, avanzarono due sillabe; esse erano contenute nelle parole Râma, Krishna, Hari, Hara, Shiva, Sai ecc., che sono proprietà comune di tutti e tre i mondi.” (Forti applausi).
Queste sillabe indicano l’unità in questo mondo che è invece segnato dalla dualità. La dualità è la natura di questo mondo e gli esseri umani sono incapaci di avere la visione della Realtà a causa della loro dualità.
"Un uomo con la mente duale è mezzo cieco.”
Egli è così confuso che a volte risponde “sì” e a volte “no” alla stessa domanda. Coloro che ripetono i Nomi Divini possono superare questa dualità e redimersi. Questo è vero anche nei confronti dei Divini Nomi di Gesù e Allah. Quindi l’uomo dovrebbe ripetere il Nome Divino costantemente. Tyâgarâja cantava così:
O Signore! Come posso io decidere chi Tu sia effettivamente,
se Tu sia Shiva o Mâdhava?
La sillaba “Ra” è la forza vitale del mantra di Mâdhava
e la sillaba “Ma” è la forza vitale del mantra di Shiva.
Io offro i miei riverenti omaggi all’Uno il cui Nome
è la forza vitale di questi due mantra.”
Il Mâdhava mântra è “Om Namo Nârâyanâya” e la sillaba “Ra” è la sua forza vitale. Se togliamo la sillaba “Ra” dalla parola Nârâyana, essa diventa nâyana, termine privo di significato; similmente, il mantra di Shiva è “Om Namah Shivâya” e, se togliamo la sillaba “Ma”, esso diventa nashivâya che vuol dire “infausto”. Comunque, se unite le due sillabe “Ra” e “Ma” esse danno il Nome Divino di Râma a cui Tyâgarâja offriva i suoi rispettosi omaggi. Non c’è nessuno al mondo che non ripeta il Nome Divino in un modo o nell’altro nella sua vita; molti hanno figli o amici che portano i Divini Nomi di Râma, Krishna ecc. ed essi ripetono il Nome Divino quando li chiamano, dicendo: “Vieni Râma, vieni Krishna.” Dio ha nomi innumerevoli e forme infinite; voi potete ripetere qualunque Suo nome e redimere la vostra vita con il Nâma Sankîrtan. Potete descrivere Dio in tutti i modi che volete, ma questo vi darà solamente una soddisfazione passeggera; solamente il canto del Suo Divino Nome concede la beatitudine eterna. Quale esercizio spirituale più grande può esservi del far danzare continuamente il Nome Divino sulla lingua? Solamente la ripetizione del Nome Divino è austerità vera (tapas), luogo di pellegrinaggio reale (tîrtha) e luogo sacro (kshetra); quindi il Nâma Sankîrtan ha un’importanza suprema nella vita dell’uomo. Cantate sempre il Nome Divino e redimete la vostra vita.
(Bhagavân ha concluso il Discorso con il bhajan: “Hari Bhajan Binâ Sukha Shânti Nahin…”).
Prashânti Nilayam, 19 luglio 1996,
Sai Kulwant Hall
(Da “Sanâtana Sârathi”, maggio 2012)
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