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20021013 - 13 Ottobre

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
13 ottobre 2002

Un'intermediaria di inestimabile valore

 

“Desiderando il darshan del Signore,
dove stai cercando, o stolta mente?
Egli è dentro di te: cerca lì!
Che cos'altro può esservi trasmesso,
o virtuosi e fortunati membri di questa assemblea?”

 

Incarnazioni dell'Amore!
La creazione di Dio è meravigliosa e stupefacente. Desiderando la buona sorte di raggiungere Dio, gli aspiranti spirituali stanno compiendo molti forzi, creandosi una buona occasione per andare verso di Lui.
In ogni parola c'è un mantra, che (a sua volta) contiene alcune parole. Attraverso quelle poche parole, è certo che si esprimono i sacri e profondi significati dei mantra. I significati in essi racchiusi sono tanti, ma dovremmo cogliere quello il cui significato è adatto a noi.
Volendo diffondere gioia fra gli aspiranti spirituali del mondo, Dakshinâmûrti(1) indicò vari sentieri, comunicò il significato recondito di questi mantra  e suscitò (in tal modo) felicità. Come trovarono origine tali mantra? Usando parole semplici, Dakshinâmûrti li diffuse, in modo comprensibile, nel mondo terreno.

 

L'individuo, Dio e la mente
(Dio) mise particolarmente in risalto tre parole. Stabilì i tre periodi di tempo, passato presente e futuro, e li descrisse come tre manifestazioni: l'Âtma, nel mezzo la mente, e Jîva  (l'anima individuale).
Jîva, Deva  (l'Âtma) e la mente. Che ruolo ha la mente, che è tra Jîva  e Deva?
Jîva  è inerte. Deva  (l' Âtma  o Dio) è Chaitanya  (la Coscienza).
Egli collocò in mezzo la mente per unire Jîva  con Chaitanya. L'individuo, Dio e la mente, congiunti, costituiscono un mantra, che è stato denominato “Jîveshvaraprakriti”.
Îshvaratva  (il Principio Divino) s'incontra con Jîvatva  (il Principio individuale).
Egli ha fatto sì che la mente restasse nel mezzo, come testimone, per trasformare il Jîva, l'individuo, nel Divino. Ma come fa la mente a mutare l'individuo in Dio? L'individuo è rappresentato dal termine “vyashti” (la natura individuale), mentre Dio dal termine “samashti” (l'interezza, la collettività): la mente è la combinazione di vyashti  e samashti.
Essa è dunque dotata di questo sacro potere! In quest'era moderna, tuttavia, la gente dice che la mente è soltanto una scimmia pazza. No, non lo è, non lo è! Essa rappresenta l'umanità, e ha lo scopo di unificare l'uomo con Dio. Ecco perché è tanto sacra. È detto:

“La mente è responsabile sia della schiavitù
sia della liberazione dell'uomo.”

Si afferma che la mente sia molto potente. Tale potere è davvero unico, ma, proprio per sua causa, il rispetto verso Dio è andato gradualmente scemando. Il rispetto che esiste, rimane sempre (ma non è riconosciuto). Gli individui che vivono nel mondo odierno non nutrono, perciò, molto rispetto per la mente; non riescono ad afferrarne il corretto significato e la descrivono, invece, in termini terreni, fisici e profani.
La mente è molto più incisiva di Jîva  e Deva  e possiede una spada molto più robusta: è infatti dotata di valore, coraggio, forza e sacralità. Nessuno riesce a capirne la natura. Senza la mente, il mondo non potrebbe scoprire il valore di Jîva  e Deva: è infatti soltanto essa a mettere in evidenza il grande potere di questi due.
Occorrerebbe osservare le differenze che intercorrono fra la Divinità nell'umanità, la Divinità in Chaitanya  (la Consapevolezza) e la chaitanya  che risplende nella natura della mente. Più che la Divinità stessa, è la mente a evidenziare il Suo sconfinato potere. È per tal motivo che si dice che la mente rappresenta Vishnu.

 

Il potere della parola
Come vi ho detto ieri, la mente rappresenta Vishnu, e la parola Brahmâ. Brahmâ nasce da Vishnu. Alla forma di Dio si è dato il nome di “Vishnu”. Si afferma che Îshvara sia la personificazione del respiro. C'è notevole differenza fra Îshvaratva  (il Principio di Îshvara) e Brahmâ, personificazione della parola.
Ciò che sorge dal Principio di Brahmâ è la facoltà della parola. Il potere della parola è unico. È detto:

“Non si può uccidere Ashvatthâman,
che è un guerriero tanto forte
e famoso per le vittorie in guerra.
È meglio umiliarlo rasandogli la testa
e lasciarlo libero.
Sarà oggetto di ridicolo
E avrà per sempre una cattiva fama.”

Ciò significa che la Divinità ha un immenso potere.
In quei giorni, Abhimanyu si recò, con determinazione, a irrompere nella potentissima struttura del Padmavyuha(2). Esso non fu creato come una cosa qualunque. Fu Drona, che era un âchârya  (precettore), a costruire il Padmavyuha. Sapendo non trattarsi di qualcosa di ordinario e pensando che suo figlio non potesse penetrarvi, Subhadrâ (la madre di Abhimanyu – N.d.T.) cercò di fermarlo(3).
Pertanto, a quei tempi, la santità trovò espressione attraverso quelle parole. Non solo nelle parole si manifestò tale potere, ma anche le azioni lo evidenziarono. La Gîtâ, dunque, dimostrò come tre parole unite, diventino un mantra.
Nei Veda  e nelle Upanishad, tali yantra  ( le parole intese come strumenti – N.d.T.) si trasformarono in mantra.

 

I mantra
Non è facile comprendere l'esatto significato dell'essenza delle Upanishad. Ogni mantra  (delle Upanishad) parla di Tat tvam  ( “Quello” e “Tu” , come unica entità – N.d.T.). Sta scritto:

Ayam âtmâ brahma
Questo Sé (l' Âtma) è Brahma.

E ancora:

Sarvam khalvidam brahma
Tutto questo, in verità, è Brahman.

Anche “Khalvidam brahma ” è un mantra.

Tat tvam asi
Quello sei Tu.

Anche questo è un mantra:

Prajñânam brahma
La Consapevolezza Suprema è Brahman.

E lo è pure questo (Swami ripete  – N.d.T.:)

Ayam âtmâ brahma
Questo Sé (l' Âtma) è Brahman.

(E ancora:)

Brahmavid brahmaiva bhavati
Il conoscitore di Brahman diventa Brahman stesso.

Tutte queste sono parole delle Upanishad, e sono dei mantra  a tutti gli effetti. Si pensa che i Nomi di Dio siano mere denominazioni: non lo sono, non lo sono! In verità, anch'essi sono mantra.
I mantra  racchiudono molti significati.
Nei Veda, essi sono riportati come quattro assiomi. L'essenza di questi quattro sacri mantra  viene così espressa nel Rig Veda, nello Yajur Veda, nel Sâma Veda  e nell'Atharva Veda.
In ognuno di questi quattro Veda, c'è un mantra  (assioma) particolare. Tuttavia, non occorre che impariamo tutto, che conosciamo tutto, che diciamo tutto. Infatti, ne basta uno solo per avere l'essenza di tutti i mantra.

Tat tvam asi
Quello sei Tu.

Che cosa significa “asi” (sei)? (Vuol dire) “congiungere”. “Tat tvam” (Quello – Tu): “Io mi congiungo a Quello”.

Aham brahmâsmi
Io sono Brahman (Dio).

“Io sono Brahman. Mi sono unito a Brahman.” Se, dunque, si fa una ricerca in questo senso (si scopre che):

Sarvam khalvidam brahma
Tutto questo, in verità, è Brahman.

Il significato di questi mantra  insegna solamente l'Unità. Ripeterli è autentica sâdhanâ  per (poter) prender coscienza di tale Unità.

Brahmavid brahmaiva bhavati
Il conoscitore di Brahman diventa Brahman stesso.

Colui che comprende “Quello”, colui che conosce “Quell ”, diventa “Quello”.
Questo è l'esatto e profondo messaggio delle Upanishad.
Incarnazioni dell'Amore!
È importante che sappiate che, tutto ciò che avete appreso, è: “Io sono Dio”. Si dovrebbe apprendere che ognuno è un'incarnazione di Dio e, dal momento che ciascuno lo è, perché, allora, adorarLo?
Perché per voi non è possibile comprendere il potere e la capacità che avete di adorare Dio, cosa che (vi farebbe affermare): “Il potere di adorare Dio è in me.”
Voi vivete come esseri qualunque; vivete un'esistenza ordinaria. Chi vive in questo modo, come può comprendere il Divino?
Il Divino non è vyashti svarûpa  (il Sé individuale), ma Samashti Svarûpa  (la Forma Cosmica). Ogni comune essere umano è un'incarnazione di vyashti. Com'è possibile, per vyashti, capire Samashti? Per quanti sforzi si facciano, per quante pratiche spirituali si compiano, per quanti mantra  si recitino, vyashti  non sarà mai Samashti.
“Io sono l'incarnazione di Samashti”: solo quando comprenderete a fondo questa verità, vi trasformerete in Samashti. Dovreste credere fermamente:

“Io sono Dio, io sono Dio, io sono Dio.”

Ma, come potrete affermare: “Io sono Dio?” Credendo fermamente in ciò.
Congiungete e legate in un nodo mantra  con mantra; poi, a quel nodo, aggiungete il Divino. Successivamente, dovete slegare quel nodo fatto di mantra: formare un nodo all'inizio e scioglierlo alla fine. Dovreste, dunque, comprendere il corretto significato e agire di conseguenza.
Ciò che è arrivato all'inizio, tornerà alla fine. Il bimbo che viene al mondo è in uno stato di nescienza (innocenza o ignoranza – N.d.T.); quando diventa vecchio, si ripresenta lo stesso tipo di situazione. Ovunque, e di qualunque soggetto si tratti, l'inizio e la fine sono identici.

 

La raffinazione manifesta tutte le potenzialità
Vi farò un piccolo esempio: Andate al lago, prendete del fango e fate ritorno. Poi, lo mettete di fronte a casa vostra. Visto così, appena lo avete portato è solo un mucchietto di fango.
Il giorno seguente, lo mescolate con dell'acqua, ed ecco che esso diventa argilla. Lo mettete, poi, su una ruota per modellarlo e ne ricavate un vaso. Manovrando la ruota, il mucchietto di fango diventa gradualmente un vaso. Esso (se venisse distrutto) tornerebbe a essere fango, e il fango (se venisse rimesso sulla ruota) verrebbe ritrasformato in vaso. Dunque, il fango diventa vaso e il vaso diventa fango.
Se però nel vaso viene versata dell'acqua, esso la perderà se prima non sarà sottoposto al raffinamento per mezzo del fuoco. Solo allora diverrà robusto e l'acqua che vi sarà versata non si disperderà.
Noi siamo come il fango: esso viene trasformato, dal Divino, in un vaso. Questo è Vishnutva  (il Principio della mente). Grazie al fatto che Vishnutva  assume la forma di un vaso, la gente lo usa e (capita anche che) lo rompe. No, no! Esso deve essere sottoposto al processo di raffinazione per mezzo del fuoco di Jñâna  (la Saggezza). Che cos'è Jñâna?

La Saggezza Suprema è la Consapevolezza dell'Uno senza secondo.

Solo quando la raffinazione è completata (al fuoco della Saggezza), si ottiene l'Unità, e (come per il vaso) ciò che vi si mette dentro (l'acqua) vi rimarrà. Quindi, bisogna fare attenzione che il vaso non si rompa e occorre badare alla sua robustezza che si ottiene portando a compimento il processo di raffinazione. Esso avviene solo mediante il fuoco. La cottura è, infatti, raffinazione. Quindi, in ogni singola cosa, tutte le potenzialità affiorano grazie alla raffinazione. Proprio come il vaso diventa robusto in virtù della raffinazione col fuoco, così il jîva  (l'individuo) diventa Deva  (Dio) mediante il processo di raffinazione che svolge la grazia divina.

 

Dio è Hiranyagarbha
Vi faccio un piccolo esempio. Ogni essere umano è venuto al mondo con un vestito fatto di carne (il corpo – N.d.T.) che è una sudicia dimora; è una bambola fatta di carne e ossa. Ma come usate questa bambola? Essa non ha alcun potere. Sottoponendola a un graduale processo di raffinazione, l'energia in essa latente comincia a manifestarsi e ad aumentare, e ne accresce il valore.
Ora: (prima della raffinazione) non possiamo assolutamente usare il vaso d'argilla. Allo stesso modo, (considerate) l'oro. Io chiamo la gente: “Bangâru, bangâru, bangâru.”
“Bangâru” significa “oro”. Dio è Hiranyagarbha  (Colui che ha il grembo d'oro); perciò (dato che siete incarnazioni di Dio) vi siete guadagnati questo (titolo di) “bangâru” Poiché, tuttavia, non potete ornarvi solo possedendo questo oro, dovete cercare di farne dei gioielli che serviranno ad adornarvi.
Per poterlo trasformare in gioielli, all'oro si devono aggiungere altri metalli, quali l'ottone, il rame ecc. Così mischiato, l'oro acquisterà, non solo una bella robustezza, ma anche pesantezza.
Anche il suo peso aumenterà. Esso, quindi, diventerà indistruttibile.
Qual è il sankalpa  (volontà, decisione) di Dio? È vajra sankalpa  (una volontà adamantina, cioè forte come il diamante – N.d.T.). Dio è Hiranyagarbha  (Grembo d'oro).
Dov'è questo Hiranyagarbha? È dentro di noi: ecco ciò che dovremmo sapere.

 

Il grande potere dell'amla
Un piccolo esempio. Qui ci sono molti studenti di scienze. (Essi sanno che) nel corpo c'è l'amla  (“acido”, termine che anche Anil Kumar usa nella traduzione – N.d.T.).
Amla  non significa solo “acido”, ma è qualcosa che possiede un potere. Da esso, gradualmente, si formano le cellule: ciò significa che ne vengono prodotte centinaia di migliaia. Quando se ne formano centinaia e centinaia di migliaia, gradualmente si forma un corpo.
Quindi, grazie al cibo che mangiamo, il ferro, il rame, l'amla  e l'oro vengono a trovarsi tutti insieme (nel nostro corpo).
(Anil Kumar traduce nuovamente “amla”  come “acido”  – N.d.T. ).
Dire ‘acido' è dunque un grosso errore. Non si tratta affatto di acido, ma, anche in questo caso, di metallo: a causa della trasformazione, questo metallo diventa un altro metallo.
C'è un grande potere in amla. C'è amla  nei vegetali che mangiamo. Nelle verdure che consumiamo c'è molto ferro, e, in larga misura, anche in questo o in quel vegetale. Non solo. Col succo di tamarindo, prepariamo una zuppa vegetale acidula, creando, così, la zuppa di tamarindo. Anche in questo c'è amla. Oppure, facciamo la zuppa di limetta. Quando cuciniamo questi alimenti, in ogni preparazione si sviluppano dei metalli. Essi, gradualmente, rendono più forte l'energia nel corpo. Dunque, come si sviluppa in noi l'energia divina? Si sviluppa, appunto, attraverso il cibo. Il cibo crea la testa, e la testa si trasforma in Dio. Quindi, quando usiamo il cibo nella giusta maniera, comprenderemo la Sua forma.
Voi non riuscite a capire amla, e pensate che si tratti di acido. Invece non lo è affatto. Ci sarà possibile farne uso sotto forma di materia, ma questa cosa, l'amla, si trasforma in cellule. Alla fine, in tutto il nostro corpo, si sviluppano centinaia di migliaia di cellule. Ognuna di esse è una goccia di sangue.
In questo modo, che si tratti di scienza o di spiritualità, esistono vari tipi di significati profondi. Nella spiritualità, però, ciò diventa una forma di mantra. Come si manifesta questo mantra? Attraverso una combinazione di parole. Per mezzo del mantra, si raggiunge la Divinità.

 

La materia cambia secondo i sentimenti
Noi facciamo diversi tipi di sogni. Essi, tuttavia, non sono sogni, ma reazioni che si formano a causa di ciò che mangiamo e delle abitudini. Sono la manifestazione del cibo che consumiamo, che è strettamente collegato con la nostra comprensione del Divino.
Noi usiamo il cibo come materia, considerandolo solo come tale. A tal proposito, nei Veda  sta scritto:

“Com'è il sentimento, così è il risultato.”

Le cose cambiano in base a ciò che percepite.
Un piccolo esempio. Abbiamo un magnete; come fa ad avere energia? Essa non si trova solo nel magnete, ma si forma gradualmente anche nel nostro corpo. Infatti, in base ad alcune sostanze che vi si aggregano, anch'esso viene pervaso di energia magnetica.
A sua volta, questa diventa energia elettrica, che si trasforma in luce. Quindi, da dove proviene questa luce? Il nostro corpo è un piccolo generatore. Non solo un generatore: è anche un magnete.
Diventa come un telefono attraverso cui udiamo le parole che vengono dette. Anche queste onde sonore (l'energia sonora – N.d.T.) trovano energia in noi. E non solo onde sonore: il nostro corpo produce pure energia radiante.
Proprio come i gioielli splendono di più se li lucidiamo, ogni corpo ha una radianza, chiamata Chaitanya Shakti  (Energia della Coscienza), che manifesta più o meno il proprio splendore.
Se si indaga a fondo, si potrà visualizzare il Dio manifesto, il Divino, in ogni essere umano, in ogni guna  (qualità), in ogni materia. Di qualunque materia si tratti, non la dovremmo considerare semplicemente come tale, ma come Parârtha, che significa Divinità. C'è tuttavia molta differenza tra la Divinità (Parârtha) e la materia (padârtha). Quest'ultima corrisponde a ciò che è fisico, terreno, profano.
Parârtha, invece, non è qualcosa di fisico, ma Chaitanya Shakti, l'Energia Divina, che è auspicale, sempre nuova e splendente.
Dato che si considera questo sacro Parârtha  (la Divinità) come padârtha  (materia), se ne è sminuito il valore.
Oggi si attribuisce valore (a ciò che non ne ha), mentre non si stima adeguatamente ciò che davvero vale. Per quale motivo? Solo a causa dei (cattivi) sentimenti dell'uomo. È la mente a essere responsabile di tutto ciò.
Togliamo, perciò, valore a cose molto preziose, mentre lo attribuiamo a cose che non valgono nulla. Quindi, dovremmo dare maggior prabhava  (forza) alla mente: quando si svilupperà ciò, aumenterà anche lo splendore radiante.
A causa della mente, nascono decisioni davvero folli, per le quali usiamo la nostra energia in modo negativo. Per evitare che nascano, dobbiamo alimentare pensieri divini. Quali sono i pensieri divini?
Ognuno dovrebbe pensare: “Ogni goccia di sangue, nel mio corpo, è manifestazione di Dio.”
Come ha origine il sangue? Esso si forma grazie al cibo, che genera anche l'energia. Tale energia diventa tutta energia divina. Quindi, dovremmo comprendere la differenza fra energia divina ed energia terrena.
Dovete fermamente credere e aderire al pensiero: “Ogni volontà, dentro di me, è la volontà di Dio.”
Tuttavia, a causa di un folle modo di pensare, l'uomo odierno ritiene che tutti i pensieri siano collegati al mondo. (Ma i buoni pensieri) non sono negativi, non sono terreni: sono invece pensieri sacri, auspicali, e sono collegati a Dio. Solo quando i pensieri sono focalizzati su Dio, la volontà diventerà completamente pura. Quindi, dovremmo considerare ogni materia come Parârtha.

 

Il duro lavoro porta dei risultati
Poniamo di avere un sacco di paddy  (riso “vestito”, non ancora raffinato – N.d.T.). Quanto lo abbiamo pagato? Duecento rupie. Dopo che esso sarà stato battuto e ripulito dalla buccia, diventerà riso. Uno volta così raffinato, quanto varrà? Poiché è stato mondato, il suo prezzo aumenta e un sacco costerà il doppio. Come possiamo definire il processo di trasformazione del paddy  in riso? Possiamo chiamarlo samskâra  (raffinazione). Quindi: battitura, mondatura della buccia, rimozione della polvere e comparsa del chicco di riso raffinato. Quanto valore diamo al riso e quanto alla buccia?
Al paddy  non diamo molto valore; non essendo raffinato il suo valore è minore. Solo allorché avviene la raffinazione e il paddy  diventa riso, il suo valore aumenta. Solo allora potremo mangiarlo. È possibile mangiare il paddy? No, non lo è, non lo è! Solo il riso può essere mangiato. Quindi, se vogliamo mangiarlo, dobbiamo renderlo commestibile, raffinandolo a dovere. Senza una raffinazione, se si dice: “Voglio tutto facilmente”, non si otterrà alcun risultato. Il duro lavoro che si compirà porterà adeguati risultati. Il duro lavoro porta dei frutti. Perciò, sottoponendoci continuamente a costruttive fatiche, otterremo tanti sacri risultati. Dobbiamo quindi impegnarci nel duro lavoro e, coltivandoci, giungere a una raffinazione. Attraverso di essa, ogni singola cosa diviene sacra.
Ora: voi siete studenti. Otterrete grande conoscenza solo quando ciò che studiate verrà raffinato. Quindi anche l'apprendimento è una raffinazione, come lo è mangiare, camminare, stare seduti, correre, ridere, piangere. Tutto si ottiene attraverso una raffinazione.
Come può il pianto raffinare l'uomo? Attraverso il pianto si ottengono alcune forme di raffinazione. Che cosa avviene? Quando si piange si eliminano alcuni sentimenti negativi mediante l'acqua impura, nel nostro corpo, che se ne va. Quando si effettua un'adeguata raffinazione, si ottiene, invece, acqua pura.
Nel nostro corpo, l'acqua impura è come l'anidride carbonica (nel processo respiratorio), mentre l'acqua pura è come l'ossigeno. Dovremmo trattenere l'ossigeno.
Guardate oggi: nel mondo, ovunque si vada, non esiste aria che non sia inquinata.

 

Banane di plastica per risultati di plastica
I nostri antenati, se si doveva celebrare un matrimonio, erano soliti mettere, sopra le porte delle case, dei toranam  (ghirlande); essi facevano delle decorazioni con foglie di piantaggine o di mango. Eseguivano ciò con gentilezza, gioia e come segno di buon auspicio.
In occasione di un matrimonio, si radunano molte persone. Mentre stanno tutte assieme, pian piano le foglie delle piante assorbono tutta l'anidride carbonica e rilasciano ossigeno, purificando così l'aria ed eliminando il biossido di carbonio. Ciò aiuta tanto l'uomo! Quindi, le foglie sono davvero meravigliose.
Oggi, purtroppo, la gente si dimentica questo (sacro) sentimento. Se si celebra un matrimonio, al posto di una ghirlanda di foglie di mango, se ne mette una di plastica. Sulle porte delle case, si mettono foglie di banano in plastica; così facendo, si otterranno risultati di plastica! No, non va bene!
Oggi si vuole che tutto sia facile e duraturo. Si cerca ogni genere di strada facile, ma ciò è molto pericoloso. In nome del modernismo, ci si rovina la salute in vari modi. Nel cibo che l'uomo consuma c'è tanta sacralità. Per colpa dei metodi moderni, si spreca anche tanto denaro.

Per trasportare delle verdure che costano mezza rupia,
pagano un facchino che ne costa una.

Invece di farvele trasportare da un altro, non potreste portarle voi stessi? L'uomo odierno è diventato pigro. Se comprate delle verdure, mettetele in una borsa e portatevele da soli.
Che c'è di male in ciò? Domani le mangerete: le metterete nel vostro stomaco e poi andrete a fare una passeggiata. Dove saranno finite le verdure? Oggi, però, non siete capaci di portarle direttamente con le vostre mani. Domani, quando saranno nel vostro stomaco sotto un'altra forma, non le trasporterete forse indirettamente? Pertanto, solo quando comprenderemo bene ogni singola cosa e agiremo di conseguenza, sperimenteremo tanta felicità.

 

In tutto c'è Dio
Incarnazioni dell'Amore!
In tal modo roviniamo la nostra vita. Per quanto riguarda il cibo che consumiamo, invece di considerarlo come padârtha  (una semplice sostanza materiale), abbiate fede che esso è Parârtha  (il Divino). Il cibo, quindi, dovrebbe esser considerato sacro. Bisognerebbe stare attenti che non subisca delle alterazioni e si guasti. Una volta così deteriorato, esso diventa come veleno.
Dunque, il Divino è in ogni cosa. È impossibile trovare in qualche luogo qualche cosa che sia priva di Dio. È impossibile trovare un posto in cui Dio non sia presente, poiché Egli è ovunque.
Pertanto, dobbiamo cercare il giusto sentiero per comprendere questa Divinità.
Qualunque cosa, quando viene raffinata, si trasforma in Parârtha. Perciò, se tutte le cose del mondo devono davvero trasformarsi in Dio, quanta sacralità dovranno avere! In tal modo, il loro valore aumenterà e, anche in noi, la sacralità sarà maggiore.

 

Far buon uso dell'acqua
Studenti!
Voi studiate di tutto. Studiate, ma ciò che imparate non lo mettete in pratica.
Che cosa studiate? Se l'ossigeno e l'idrogeno si uniscono, che cosa succede? Se ve lo chiedono rispondete che si ottiene l'acqua; affermerete che la combinazione di idrogeno e ossigeno forma l'acqua.
Ma quell'acqua vi serve forse come cibo? (Cioè: quanto vi serve questo nella vita quotidiana? – N.d.T.). No, non vi serve.
Andate in laboratorio a fare esperimenti con appositi strumenti. Che risultato ottenete dalle ricerche fatte in laboratorio? Le ricerche dovrebbero essere fatte in modo pratico e anche le esperienze.
Oggigiorno, quanto si soffre per mancanza d'acqua! A tal riguardo, è forse possibile mescolare idrogeno e ossigeno ottenendo acqua? Se ne spreca tanta.
Nel mondo ci sono tanti fiumi, come ce ne sono tanti anche in India! Ci sono fiumi che scorrono continuamente e hanno grande abbondanza d'acqua; ma fluiscono nel mare senza essere sfruttati da nessuno. Oggi, molti Stati litigano fra loro dicendo: “Non abbiamo acqua! Non abbiamo acqua!”
Perché non si usa l'acqua in modo adeguato? Le persone disagiate, che non hanno la possibilità di sfruttarla, si lamentano: “Non abbiamo acqua!”
Al mondo, tanta acqua viene sprecata finendo in mare. Dunque, occorre salvaguardarla e farne buon uso. Tanti sono i fiumi che scorrono in India, Paese di prosperità e buon auspicio. Essa si è guadagnata l'appellativo di annapûrna desha  (terra ricca di cibo). Per quale motivo oggi si soffre per mancanza di cibo? Si usano male le risorse disponibili. Cercate di farne buon uso: allora proverete gioia. Sarete felici, e anche la gente intorno a voi lo sarà.

 

Non sprecate nulla!
Incarnazioni dell'Amore!
Non si dovrebbe sprecare nulla. Molta gente, volendo lavarsi le mani, apre il rubinetto e fa scorrere tanta acqua. Quanta acqua si spreca! Non Mi piace questo sciupio! Usate quel tanto d'acqua che basta, poi chiudete il rubinetto. Quanta acqua si risparmierà! Quindi:

Non sprecate acqua.

Sprecare acqua è cosa molto empia.

Non sciupate cibo.

Per quanto riguarda il cibo, mangiate solo quello che vi occorre. Poiché se ne usa troppo, lo si getta via. Alcuni, sapete, fanno della filosofia quando viene loro chiesto: “Perché butti via il cibo?” Infatti rispondono: “Lo mangeranno i cani e altri animali. Che male c'è a gettarlo via?” Anche gli animali se ne andranno senza mangiare il cibo di oggigiorno. Dopo che si sarà guastato e deteriorato, neppure gli animali lo toccheranno. È vero, essi sono animali; ma non hanno forse il prâna  (l'energia vitale) come gli esseri umani? Oggigiorno, nell'era di Kali, anche gli animali si sono modernizzati. (Risate). Annusano il cibo e, se è buono, lo mangiano, altrimenti lo lasceranno perdere “dicendo”: “Mangiatevelo voi!” (Risate).
Anche il cibo, quindi, dovrebbe essere puro e sano.
La gente spreca anche tante altre cose in vari modi. Non dovremmo sciupare nulla. Non sciupate acqua, non sciupate cibo, non sciupate tempo, non sciupate energia, non sciupate denaro. Più di ogni altra cosa, la gente spreca un mucchio di tempo. A causa di ciò, sta sprecando la vita intera.
Ieri vi ho parlato a lungo di vari argomenti. Dato che parlo tutti i giorni, la Mia voce sta diventando più forte e più chiara. Ciò dimostra che, quando dite delle buone parole, diventate più forti. Non indulgete in chiacchiere inutili. Parlate solo quando è necessario.

Non sprecate parole.

Se si sprecano parole, anche tutto il resto si sprecherà. Dunque, non bisogna sciupare nulla.
Poi, non si dovrebbe parlare a voce alta: anche questo è uno spreco.
Solo quelli a cui sono destinate dovrebbero udire le vostre parole. Se parlate forte per strada, vi udrà anche il cuoco in cucina, e il rispetto verso di voi se ne andrà. Egli penserà: “Che cosa succede? Chi sta parlando in questo modo, come un pazzo?”
Dunque, anche attraverso le nostre parole, dovremmo tenere alto il rispetto di noi stessi. Nelle nostre parole dovrebbe anche esservi maggior sacralità, come pure nel nostro modo di camminare. Dobbiamo alimentare il rispetto in tutto ciò che facciamo. Se lo si perde, a che serve tutto il resto?

 

Aiuta sempre, non fare mai del male
Molta gente dice che potrei camminare più velocemente, ma a Me non piace farlo. Se cammino lentamente, è perché tutti possano vederMi e siano felici, come lo sarò Io.
Quindi, per dare gioia agli altri, cammino piano. (Applausi). La Mia camminata è lenta. Grazie a ciò, quanta gente è felice! Se camminassi veloce, la gente direbbe: “Swami è arrivato e se ne è andato subito. Non sono riuscito a vederLo”. Sarei uno che fa soffrire gli altri. Perciò:

Aiuta sempre, non fare mai del male.

Dovete tenere ben presenti queste due cose. (Applausi). Dovremmo recar aiuto agli altri.
Quindi, oggi, ciò che d'importante dovete imparare è: non sprecate acqua, non sprecate cibo. Il cibo, però, viene sprecato, mentre molte persone al mondo muoiono di fame. Quindi, il cibo che rimane potrete darlo a loro e non gettarlo via, perché per voi è in eccesso. Quello che viene buttato finisce nel fango o nella spazzatura. Anche i corvi, alla fine, non lo mangeranno. A che sarà servito, allora?
Il cibo dovrebbe essere puro: solo in tal caso ci sarà una mente pura. Com'è il cibo, così è la mente. Se la mente è pura, sarete puri anche voi, otterrete la santità e raggiungerete Dio.
Dunque, se vogliamo la Divinità, dobbiamo sviluppare sacralità. Se la si desidera, occorre consumare cibo del tutto puro.
Al pari di questo, anche la nostra condotta dovrebbe essere totalmente pura. La purezza arriverà attraverso il comportamento; dalla purezza scaturirà la sacralità, e dalla sacralità si otterrà prâpti  (merito). Perciò, ogni cibo deve essere consumato in condizioni assolutamente pure.

 

Il rispetto del Sé
Studenti!
Vi state facendo un'istruzione. State prendendo buoni voti e ottenendo lusinghiere promozioni. Sono molto felice di tutto ciò. Tuttavia, chi ottiene tale posizione di rilievo deve farne un uso ottimale. Non ha senso semplicemente pensare: “Abbiamo studiato, ci siamo laureati e siamo stati premiati.” Bisogna considerare tutto questo nel modo giusto. Ognuno dovrebbe vedere ciò secondo l'ottica della soddisfazione della propria coscienza. Solo quando si soddisfa la coscienza, ci si può sentire bene. Dovremmo rispettare tutti.
Voi tutti sapete che Lincoln nacque in America in una famiglia poverissima. Non aveva neppure cibo a sufficienza per sfamarsi.
Da bambino indossava abiti laceri, e, una volta a scuola, i compagni, di famiglia ricca, erano soliti prendersi gioco di lui. Un giorno, di ritorno da scuola, andò da sua madre, le sedette in grembo e cominciò a piangere. Ella lo consolò dicendo: “Figliolo, perché piangi?” Egli rispose: “Mamma, i miei compagni mi umiliano, dicendo che non ho bei vestiti, che sono sporco e che sono un poveretto.”
“Lascia che pensino ciò che vogliono. Tu rispetta tutti e non odiare nessuno. Conosci la situazione in cui versiamo. Lava ogni giorno i tuoi vestiti, affinché siano puliti, poi indossali e lascia che pensino quello che vogliono. Noi dobbiamo adeguarci alla nostra situazione. Occorre sviluppare il rispetto per se stessi; quindi, figliolo, da oggi lotta per il rispetto del Sé. Non c'è niente di male se mangi solo della farina di riso o se indossi abiti miseri. L'importante è che siano puliti. Mantienili puliti.”
Queste furono le cose che ella gli disse, poverina! E Lincoln le serbò nel cuore, pensando: “Devo sviluppare il rispetto del Sé.”
Cominciò così a nutrire rispetto per tutti. Se incontrava qualcuno soleva dire: “I miei rispetti, signore!” Aveva preso l'abitudine di rispettare tutti. Rispettando, rispettando, rispettando, alla fine diventò Presidente d'America. Colui che aveva a malapena i mezzi per mangiare farina di riso, rispettava ed era cortese con tutti. In virtù di ciò, riuscì a occupare una posizione tanto elevata.

 

“Vi racconto di Me”
Perciò, non bisogna sprecare denaro per amore degli ornamenti, né pensare a raggiungere una posizione di prestigio.
Vi racconterò alcune cose di Me. Da bambino, in terza o quarta elementare, avevo solo un paio di pantaloncini corti e una camicia. Quando tornavo da scuola, Mi avvolgevo in un asciugamano e lavavo sia i pantaloni sia la camicia. Mettevo delle braci in un chembu  (piccolo contenitore metallico – N.d.T.), poi li stiravo a dovere. Se li avessi dati a un lavandaio, avrebbe chiesto uno o due anna  (moneta ormai in disuso – N.d.T.) e Io non potevo permetterMelo. Perché non avrei dovuto lavarMi e stirarMi la camicia? Che altro lavoro avevo da fare? Quindi, non appena tornavo da scuola, ero solito lavare e stirare bene i Miei indumenti.
Dopo averli lavati, poiché in casa c'era del carbone, lo prendevo dalla stufa e lo mettevo in un chembu. Con questo sistema, li facevo asciugare e li stiravo, finché non fossero perfetti. Questo era ciò che ero solito fare.
In seguito, per l'intero anno portai solo due pantaloncini e due camicie. Ogni volta che Pedda Venkama Râju (nome del padre di Swami – N.d.T.) arrivava, Mi chiedeva: “Hai bisogno di vestiti? ” Io rispondevo:”Perché dovrei averne altri? Ho già quelli. Non farMeli fare. Non sprecare denaro.”

Il cattivo uso del denaro è cosa malvagia.

Quali erano i costi di quei tempi? Con un anna  si potevano acquistare circa due metri di stoffa. Con quell'anna  ci si poteva comprare il tessuto per una camicia, e, con un anna  e mezzo, la stoffa per un paio di pantaloncini. Allora, le cose erano veramente a buon mercato, ma, malgrado ciò, non avevo l'abitudine di comprare nulla.
Facevo sempre il Mio lavoro da solo, come si può constatare anche oggi: nella Mia stanza faccio sempre da Me il Mio lavoro. (Applausi).
Potreste pensare: “Oh, c'è tanta gente a lavorare per Swami. Ci sono così tanti sevaka  (coloro che prestano servizio).” Nessuno deve servire per Me e Io non chiedo a nessuno di farlo. Il Mio lavoro lo faccio da solo.
Perciò, comportandoMi in un certo modo, ho sempre rispettato tutti. Oggi, il mondo intero Mi rispetta. (Applausi).
L'ho detto anche ieri: amate tutti; allora il vostro prossimo vi rispetterà. Se amerete tutti senza distinzione di casta, religione o razza, Dio vi amerà. (Applausi).
Quanto più vi sacrificherete per gli altri, tanto maggiore sarà la vostra grandezza. Essa sarà proporzionata allo spirito di sacrificio che impiegherete per aiutare gli altri.
Infatti, non si perde nulla rispettando tutti.

 

Parlare con rispetto
Oggi, se un ragazzo si trova in casa, mentre il padre è assente, e un amico del padre va a chiedere: “Figliolo, dov'è tuo padre? ” si sentirà rispondere in modo sgarbato: “Vada, vada, non lo so!”
I ragazzi d'oggi non conoscono affatto il rispetto, la cortesia e l'umiltà. Bisognerebbe parlare con umiltà, con rispetto, con amore: solo così ci si farà una buona reputazione.
Perciò, sia i bambini delle elementari sia gli studenti universitari devono, innanzitutto, imparare a rispettare tutti nel giusto modo. Dovete anche manifestare amore agli altri: allora, tutti vi ameranno.
Quindi, se volete ottenere bontà e buona reputazione, dovreste rifulgere seguendo il giusto sentiero. Oggi, tutto il mondo Mi rispetta, perché Io rispetto tutti, non è vero? Non solo in passato, ma anche oggi, se viene qualcuno da Me, gli dico (Swami usa un tono amabile e dolce – N.d.T.): “Mio caro, siediti, siediti, siediti! Bangâru  (tesoro), siediti, siediti!”
Perché non imparate a usare queste parole gentili? La bocca ci è forse stata data per esprimere parole dure? No, no! Imparate a usare parole gentili e dolci; ne avrete in cambio un altrettanto dolce e amabile rispetto.
Lincoln divenne un uomo così importante, e, alla fine, anche agli occhi del mondo fu un grande presidente. Quando era ragazzo e aveva così poco da mangiare, per poter studiare andava alla luce dei lampioni di strada, poverino! Sua madre, poi, sapete, rammendava vestiti da donna e, col poco denaro guadagnato, con grande umiltà e dedizione, si occupava del suo ragazzo. Le donne di allora erano inclini ad alimentare il rispetto, cosa che oggi manca. C'è tanta stravaganza e ognuno fa ciò che gli piace. Questo non va bene.
Occupiamoci di noi stessi in modo equilibrato, accontentandoci di ciò che abbiamo. Perché arrabattarsi per quello che non si ha?

 

Un buon nome
Anche le Upanishad  insegnano, in vari modi, questa umiltà e dedizione.
Per quanto riguarda il nostro modo di parlare, esse insegnano che le nostre parole dovrebbero essere gentili e amorevoli. Esse affermano di non usare parole che mettano in difficoltà gli altri. Se trascorrerete la vita in questo modo, otterrete grande rispetto. Guadagnatevi un buon nome; non solo un buon nome, ma anche un grande nome. È ciò che si dovrebbe raggiungere. (Applausi).
A che serve aver solo un buon nome? Solo con esso, non otterremo niente. Dovremmo guadagnarci un forte, ragguardevole rispetto. Occorre farsi un grande nome (un'ottima reputazione): questo è ciò che dovremmo ottenere. Oggi non c'è questo tipo di grandezza e la gente continua solo a mettersi in mostra.
In casa, i ragazzi non si interessano se i genitori sono in situazioni difficili. Essi vagabondano per le strade, vestiti in modo stravagante. Fuori, la gente osserverà e porterà (o no) rispetto. Dovete imparare il rispetto di voi stessi, non è vero? Ovunque siamo dobbiamo agire bene e gentilmente.

 

(Swami conclude il Discorso cantando il bhajan: “Hari bhajana binâ sukha shânti nahi...”).

 

Prashânti Nilayam, 13 ottobre 2002
Sai Kulwant Hall
Festività di Dasara
Versione Integrale

 

  1. La Deità che presiede allo sforzo umano di acquisire sapienza. Shiva stesso, inteso come Sommo Yogin  e Maestro di Conoscenza, quale Insegnante di tutti gli yogin.
  2. Una formazione di guerra estremamente complessa, simile a un labirinto, in cui Abhimanyu doveva andare a combattere.
  3. I versi succitati e il paragrafo che segue fanno riferimento a due distinti episodi del Mahâbhârata. Il primo si ricollega all'evento in cui Ashvatthâman, figlio di Dronâchârya, uccise tutti i figli di Draupadî e dei Pândava, e al fatto che si decise di non ucciderlo per la sua delittuosa azione, ma solamente di umiliarlo. Il secondo, all'adescamento di Abhimanyu, figlio di Subhadrâ e di Arjuna, nella formazione bellica del Padmavyuha, e alla sua uccisione. Subhadrâ tentò di fermare il figlio dal recarsi in quel luogo, ma invano.