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20010222 - 22 Febbraio

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
22 febbraio 2001

Fede ferma nell'Âtma

 

“Chi ha cuore puro, colmo di pace e compassione, parole veritiere,
e usa il corpo per servire il prossimo,
redime la sua vita, e neppure gli effetti del Kali Yuga possono affliggerlo.”

 

 

Classificazione degli esseri viventi
Tutti gli esseri viventi, nel mondo, sono classificati in quattro categorie e in ognuna ci sono 2.100.000 tipi di specie. Si può quindi asserire che, nella creazione di Dio, esistono 8.400.000 specie diverse, vale a dire:

1. andaja – 2.100.000 specie ovipare;
2. pindaja – 2.100.000 forme di vita nate dal ventre materno;
3. svedaja – 2.100.000 specie nate dall'umidità e dalla terra;
4. utbîja – 2.100.000 forme di vita, che nascono uscendo dalla terra.

 

Tre tipi di afflizioni
Tutte le 8.400.000 specie sono soggette a tre diversi tipi di sofferenza: âdhibhautika, âdhidaivika e  âdhyâtmika. La prima,  âdhibhautika, si riferisce alle malattie dovute all'attaccamento e anche alle malattie provocate da altre specie e da insetti come ad esempio, zanzare, mosche ecc., a causa delle quali l'uomo subisce numerose malattie, dette fisiche.
Il secondo tipo, âdhidaivika,  si riferisce a sofferenze dovute al Sankalpa, la Volontà di Dio, quali calamità naturali, terremoti, inondazioni, totale distruzione ed epidemie come il colera, la peste etc.
Il terzo, âdhyâtmika, di tipo spirituale, si riferisce alle sofferenze che derivano dall'errata alimentazione e dalle cattive abitudini. In questa categoria sono comprese anche le malattie causate da animali o da persone malvagie, animate da odio.
I mali, di cui l'uomo soffre, sono causati da questi tre fattori: âdhibhautika,  âdhidaivika, e âdhyâtmika. Qual è il rimedio per tali afflizioni? Ci vuole ferma fede nell'Âtma: ecco la panacea per tutte le malattie. Inoltre ci si deve sforzare di mantenere il rispetto di se stessi, sperimentare la beatitudine del Sé e lottare per l'affermazione dell'Âtma.

 

Le vie della grazia
Per ottenere la grazia dell'Âtma  sono prescritti nove tipi di devozione:

  1. Shravanam (l'ascolto delle glorie di Dio).
  2. Kîrtanam (il canto delle Sue lodi).
  3. Vishnusmaranam (la contemplazione di Dio).
  4. Pâdasevanam (il servizio ai Suoi Piedi di Loto).
  5. Archanam (l'adorazione di Dio nei riti).
  6. Vandanam (l'atteggiamento di riverenza verso tutte le forme di vita).
  7. Dâsyam (servire tutti indistintamente).
  8. Sneham (l'amicizia con Dio).
  9. Âtmanivedanam (l'abbandono totale di sé alla Volontà divina).

Seguendo questi nove sentieri, l'uomo può liberarsi dalle sue malattie. Chi, tuttavia, si dimentica della propria origine subirà numerosi tipi d'afflizioni.


Dove c'è Krishna, c'è Dharma e vittoria
Un piccolo esempio: quando Duryodhana e Duhshâsana stavano partendo per la grande guerra del Mahâbhârata, si recarono dalla loro madre Gândhârî per chiedere la sua benedizione. Gândhârî, che aveva un cuore puro, mente ferma e amore disinteressato affermò:

“Dove c'è Rettitudine, c'è vittoria.”

“Cari figli! Ovunque si segua il Dharma  appropriato, quello stesso Dharma  vi proteggerà. Voi, nati come esseri umani, seguite il Dharma  dell'uomo? In caso affermativo, quel Dharma  vi proteggerà.”
Essi si recarono poi dal Precettore Dronâchârya per porgere i loro rispetti. Anch'egli asserì:

“Dove c'è Dharma, c'è Krishna.
Dove c'è Krishna, c'è vittoria.”

Ovunque ci sia Dharma, Dio sarà là per voi. Ovunque ci sia Dio, là otterrete vittoria.

 

Origine dell'uomo
Ecco un piccolo esempio: il pesce, nato nell'acqua, non può sopravvivere neanche per un momento al di fuori. Il luogo d'origine è la sua protezione. L'acqua lo rende felice. Abbandonando l'acqua, il pesce non può vivere neppure per un istante.
Da dove è nato l'uomo?

L'eterno Âtma presente in tutti gli esseri è parte di Me.

L'uomo è una parte di Dio; la sua natura è l'Âtma. Essendo nato dall'Âtma, deve contemplare il Sé. Il giorno in cui si dimentica dell'Âtma  cadrà vittima dell'adharma  (l'iniquità), sperimenterà la morte e numerose afflizioni lo perseguiteranno. Voi provenite dall'Âtma  e, quindi, non dovete mai dimenticarveNe. Abbiate fede nel Sé, rispettateLo. Voi vivete perché l'Âtma  è la base della vostra vita.
Qual è allora il Dharma  dell'uomo? Egli è nato dall'Âtma  e deve vivere avendo fede nell'Âtma. Potete avere ricchezza, oro, possedimenti e macchine, potete avere tutti i piaceri di un re nonché posizioni autorevoli, ma ciò non potrà proteggervi. Solo la fede nel Sé può darvi l'adeguata protezione.

 

Fiducia in se stessi
Qual è il tipo adatto di protezione per l'umanità? Solo la fiducia in se stessi, solo il rispetto di sé, solo la beatitudine dell'Âtma.  Potete intraprendere molte attività nel mondo, ma la fede deve essere riposta solo nel Sé.
Le donne vanno al fiume per prendere l'acqua e ritornano con le brocche piene sulla testa. Hanno posto il figlioletto nella culla a casa. Le donne conversano fra di loro mentre sono al fiume; prestano attenzione alle risposte che danno e compiono lavori diversi; le loro menti sono, però, focalizzate sul bimbo nella culla e pensano: “Forse si è svegliato, magari piange; devo andare a casa il più presto possibile.”
Analogamente, l'uomo può compiere numerose opere e svolgere diverse attività; deve tuttavia seguire il giusto tipo di Dharma.  La fiducia in se stesso deve essere ferma e costante. Ecco l'obiettivo e la vera meta, di cui non deve mai dimenticarsi.

 

Fissate la mente su Dio
Avete partecipato al canto dei bhajan tutta la notte. Non importa quanti motivi abbiate cantato, con quale tonalità e ritmo: l'importante è che la vostra mente sia costantemente focalizzata sull'Âtma. Pertanto, tenendo la mente fissa sull'Âtma, tutte le azioni devono essere offerte per compiacere Dio.
Arjuna chiese al Signore Krishna: “Se devo sempre contemplare Dio, come posso adempiere il mio dovere?” “O folle! Fissa la tua mente su Dio anche quando tieni in mano l'arco e stai combattendo in guerra.”
Anche se andate in guerra, tenete la mente concentrata su Dio. Ciò che è coinvolto nella guerra sono il corpo e i sensi. L'uomo non deve concedere il proprio cuore ai sensi.
Come vi ho detto ieri, i sensi sono i principali responsabili di tutti i peccati e di tutti i meriti.
Pronunciate parole buone, sviluppate una mente buona e, grazie a ciò, otterrete rispetto. Non potete essere sempre compiacenti, ma potete parlare sempre con cortesia. Che cosa perdete se dite parole buone? Parlate dolcemente e amabilmente: ciò soltanto è contemplazione del Sé.
Potete guardare, ma non indirizzate la vista verso l'esterno. Kîchaka pose i suoi occhi maliziosi su Draupadî, che stava svolgendo il suo lavoro. A causa di questo sguardo, Bhîma arrivò e gli ruppe la testa. Vedere il male vi farà incorrere in molti pericoli.

 

Non ascoltate parole malvagie
Non porgete l'orecchio a parole inique e critiche, né prestate ascolto a parole che biasimino gli altri.
Mantharâ andò da Kaikâ e le disse: “Madre! Stanno facendo preparativi per l'incoronazione di Râma. Che ingiustizia! Che slealtà! Che azione scorretta! È contraria al Dharma.” Ella si diede da fare in tutti i modi: “Dasharatha t'inganna; non dà il regno a tuo figlio come aveva promesso.” In tal modo riversò cattive parole nelle orecchie di Kaikâ.
Kaikâ amava molto Râma; si dimenticava persino di Bhârat, il figlio nato da lei, e con grande amore si prendeva cura di Râma. Veleno venne, però, mescolato a quell'amore. Kaikâ ascoltò i malvagi insegnamenti di Mantharâ e li seguì. Alla fine, che esperienza ne derivò? Il regno non passò a suo figlio e mandò Râma, l'Incarnazione del Dharma, nella foresta. Pertanto, le donne che prestano attenzione a cattive parole devono subire gravi conseguenze.
Un piccolo esempio. C'è qualche donna che porta il nome Kaikâ? No, nessuna. Per quale ragione? Kaikâ ascoltò parole inique e il suo nome venne macchiato.
Mantharâ, dal canto suo, la indusse ad ascoltare il male e cambiò il cuore di Kaikâ, che era amrita  (dolce come nettare), in veleno. C'è qualche donna, che porta il nome di Mantharâ? I nomi di coloro che pronunciano parole malvagie e ascoltano cattiverie saranno completamente eliminati dalla società.

 

Non pronunciate parole cattive
Dovreste sempre dire parole buone. In caso vi succedesse di ascoltare cose che vi turbano, se queste hanno creato turbamento in voi, perché causare inquietudine in altri? Tali parole non dovrebbero essere condivise; dovreste tenerle per voi. Può succedere di ascoltare il male, ma, udendolo, dovreste gettarlo via e non riversarlo nelle orecchie altrui. Ciò è una gran cosa.
Oggi invece non è così. Se qualcuno parla male di un altro, ecco che la gente sale su una collina e come il “tam tam” lo annuncia a tutti. Ciò è molto male. Così facendo, non solo rovinate voi stessi, ma rovinate anche la società. Non ditelo a nessuno. In egual misura in cui voi avete provato dispiacere, anche gli altri lo proveranno; non trasmettete i vostri dolori ad altri. In tal caso, i sensi ne sono beneficiati e ottengono meriti. Solo i sensi c'inabissano nel peccato o ci conferiscono meriti.

Si ottengono meriti servendo il prossimo,
si commette peccato facendo del male.

Commettiamo peccato se diamo dolore ad altri. Otteniamo merito se portiamo gioia. Dovremmo, perciò, pronunciare solo parole che conferiscano gioia. Il frutto maturato nel cantare bhajan  tutta la notte è dato da questo intimo sentimento. Avete contemplato il Nome di Dio: non c'è critica in ciò, non si fa male ad altri, non c'è biasimo.

 

Shishupâla insulta Krishna
In certe preghiere si può ricordare a Dio anche chi Gli è stato ostile. Questo è il caso di Vidura, il quale disse: “Krishna! Perché non vieni a farmi visita; perché non vieni a casa nostra? Non ti ho arrecato alcun danno; non ti ho legato a una colonna e picchiato. Non ti ho mai fatto del male come Kamsa; non ti ho accusato come fece Shishupâla.”
Shishupâla scagliò pesanti ingiurie contro Krishna. Un giorno, alla presenza di una vasta assemblea, mentre Dharmaja porgeva con amore i suoi rispetti a Krishna, Shishupâla si alzò e disse: “Perché fai questa offerta? Qual è il motivo di offrire a Krishna?”

Fai l'offerta a uno perché passa tutto il suo tempo qui.
Finiscila con questa storia.
Adesso basta: tieni la bocca chiusa!”

Lanciò orribili insulti contro Krishna e lo accusò gravemente davanti a tutta la grande assemblea. Krishna fece in modo che tutta la gente là riunita lo applaudisse: lanciò indietro il piatto che conteneva la foglia di betel  (quale offerta di rispetto tributatoGli – N.d.T.), non prese il suo speciale chakra  (il disco: arma rotonda che Vishnu tiene in una delle sue quattro mani – N.d.T.), ma lanciò quello stesso piatto, tagliando così la gola di Shishupâla.
Questo significa che, quando il momento non è favorevole, tutto finisce male.

Anche un semplice bastone si trasformerà
in un serpente e morderà, non è così?

Se invece arrivano tempi buoni, anche un serpente diventerà un innocuo bastone. Dobbiamo instillare buoni sentimenti nel nostro cuore. Ci sono così numerosi insegnamenti nella storia della nostra sacra India! Essi non sono inutili; sono molto significativi e santi.

 

Usate i sensi per il bene
Nel dimenticare tali insegnamenti, rimanete coinvolti in situazioni mondane e materiali e avete solo cattivi pensieri. Non voglio, non voglio che sia così! Dovreste portare questi buoni insegnamenti nel vostro cuore e colmarlo di nobili sentimenti. Con le orecchie dovete ascoltare solo cose buone; con la lingua dire parole buone; con le mani compiere opere buone.
Sapete perché vi furono date le mani? Solo per offrire alla bocca un pezzo di cibo? No, non a tale scopo. Sapete perché vi furono dati i piedi? Per girovagare nelle strade e nei vicoli? No, no, no, no! Li avete per camminare intorno al tempio del Signore Râma. I piedi, con cui camminate, non vi sono dati per vagabondare in vicoli e viottoli.

Siete sempre pronti ad ascoltare vacui pettegolezzi,
ma non permettete alle cose di Dio di avvicinarsi al vostro orecchio.
Andate a vedere fatui film, ma non siete soddisfatti.
O occhi! Anche un solo istante alla Presenza di Dio è per voi un problema!

Non appena vi concentrate su Dio, chiudete gli occhi. Che cos'è questa stranezza? Voi tenete gli occhi aperti per guardare il mondo intero, ma, non appena siete alla Presenza di Dio, li chiudete.

 

Non chiedete a Dio
I sensi possono condurvi verso i meriti o verso i peccati; pertanto non dovrebbero essere posti sulla strada sbagliata, bensì su quella giusta. Così facendo, non dovrete più chiedere nulla a Dio.

O mente, non chiedere! Più chiedi e più sarai negletta.
Senza chiedere, tutto sarà esaudito.
O mente, non chiedere continuamente!
Non ha forse esaudito il desiderio di Sabarî, senza che glielo chiedesse?
Non ha forse salvato l'uccello Jatâyu, che non chiese nulla?
O mente non chiedere! Non cercare, o mente!

Forse Jatâyu(1) chiese? Chiese forse Sabarî(2)? No. Dio concede anche ciò che non viene richiesto. La cosa più importante è che rendiate sacro il vostro cuore; ciò attirerà a voi ogni cosa.

 

Purificate la mente
Per quanto una calamita sia potente, se vi si deposita dello sporco, essa non potrà più esercitare la sua forza d'attrazione. Si potrebbe pensare: “Questa calamita non ha magnetismo.” Lasciate che il ferro pensi quello che vuole. La calamita invece ribadirà: “Devo essere perfettamente pulita.” Eliminate lo sporco e la calamita attrarrà subito il ferro. Se il ferro della vostra mente viene contaminato da cattive qualità, da pensieri malvagi, da compagnie inique e comportamenti scorretti, quando invocherete: “Signore! Signore! Attrai la mia mente!”, come potrà Egli attrarla?
Purificate la mente; ciò significa che dovete purificare i vostri sensi. Mantenete la vista su ciò che è buono. Ascoltate cose buone, con la lingua pronunciate parole buone, con le mani compite buone azioni. In tal modo, Dio vi elargirà la Sua grazia anche prima che voi la chiediate e senza dubbio alcuno.

 

Il giorno sacro
Ieri, alle ore 18, è stato un momento molto sacro, un'ora particolarmente propizia. La luna presenta sedici aspetti; ieri quindici erano già riassorbiti e ne rimaneva solo uno. Quando anche il sedicesimo aspetto è assorbito, si può raggiungere l'unione con la Divinità. Questa totale fusione può avvenire solo se si canta il Nome di Dio continuamente e con tutto il cuore.

 

La lingua
Di tutti i sensi, la lingua è molto importante.

O lingua, tu conosci il gusto e ami la dolcezza.
Esprimi la verità nel modo più amabile, pronuncia versi supremi e dolci parole:
Govinda, Dâmodara, Mâdhava.

O lingua, che conosci il gusto. Lingua sacra! Tu sei così fortunata!
La lingua svolge due lavori: loda e critica. Tuttavia, non si deve criticare nessuno. La lingua sa anche sacrificarsi. Se gusta cibi prelibati, dice: “Com'è dolce, o Jatharâgni  (il fuoco della digestione)! Fanne esperienza!”, e li invia allo stomaco. Se invece il cibo è amaro, pensa: “Mandare questa roba a Jatharâgni? Non ci penso proprio!”, e così lo sputa fuori: ptui!
La lingua possiede, quindi, questa buona qualità. Conosce il gusto e ama la dolcezza, il che significa che deve pronunciare solo parole dolci. Non è tutto qui. Sa anche essere rispettosa. Non passa la soglia per andare in casa d'altri. Non supera le labbra per uscire, perché ha molto da fare in casa propria. Com'è rispettosa!
Pertanto, per una lingua che sa dire dolci parole, che aiuta gli altri, che li rende felici, qual è il lavoro appropriato? Cantare  Govinda, Dâmodara, Mâdhava.  Pronunciate sempre parole sacre come queste.
La lingua è dotata anche della facoltà della parola; è data per parlare e per gustare. Fatene un uso sacro e parlate in modo sacro. Mentre gli altri sensi svolgono un solo lavoro, la lingua ha la capacità di farne due. Pertanto è necessario tenerla sotto controllo, altrimenti cadrà in numerosi peccati.
Nei momenti di collera mantenete il silenzio e osservate: ”Ecco qui l'ira”, senza dire troppe parole. Il Vedânta  insegna: “Parla di meno e lavora di più.” Il cuore rimarrà puro nella misura in cui saprete ridurre le chiacchiere.

 

Disciplina per il controllo dei sensi
La contemplazione di Dio è il solo mezzo per eliminare i difetti dei sensi. Oggi la gente non ha alcun controllo sui sensi e li lascia correre liberi. Persino gli animali controllano i propri sensi e hanno sempre una ragione e una stagione per il loro comportamento, ma non l'uomo, che lascia vagare i sensi come desiderano, incorrendo così in innumerevoli peccati.
L'obiettivo principale di tutte le discipline spirituali è il controllo dei sensi. Mangiare si deve e la lingua è necessaria. Mangiate solo sino a soddisfare la fame. Dividete lo stomaco in quattro parti: una per l'acqua, una per l'aria, una per il cibo e l'ultima tenetela vuota. Ma oggi non si fa così. Mangiare, mangiare fin su alla gola, finché ce ne sta! (Swami ride – N.d.T.). Poi uno non riesce più neppure ad alzarsi! Di conseguenza ne derivano le malattie da indigestione.

 

Nessun limite a Prema e Shânti
Per Prema, puro Amore Divino, non ci sono limiti. Potete amare tutti quanto desiderate. Che cosa significa? Con Amore che trascende i sensi. “Tutti sono Miei, sono il Mio respiro vitale.” Potete amare tutti con un tale sentimento: solo al puro Amore dovremmo dare completa libertà e non porre limite alcuno.
Anche a Shânti, Pace, non assegnate confini. Voi volete la pace, ma non c'è limite alla pace: potete essere in pace ovunque.

 

I sentimenti del cuore creano le tendenze
I sentimenti che avete nel cuore formeranno le vostre vâsâna  (tendenze innate). Ecco un piccolo esempio. Il giornale del mattino, che leggete non appena vi alzate, non ha alcun odore. Più tardi vostra moglie prepara delle pakoda  (polpette fritte di farina e cipolle – N.d.T.). Voi ne prendete alcune, perché volete portarle a qualcuno: le avvolgete nella carta e andate. Dopodiché, il giornale avrà assorbito l'odore di quelle pakoda.
Andate al mercato, comprate del pesce essiccato e l'avvolgete nel giornale: esso prenderà solo quell'odore. Poi andate al mercato dei fiori e acquistate dei bei fiori di gelsomino, che avvolgete sempre nel giornale. Questa volta solo quel profumo rimarrà nella carta.
Il nostro cuore è come carta pulita, è sacro e divino. I sentimenti che vi “avvolgete”, creeranno in voi vâsâna  (tendenze) dello stesso tipo. Abbiate quindi buoni sentimenti, ascoltate il bene, dite parole buone, abbiate una visione retta: solo così il vostro cuore diverrà sacro. In tal caso, neppure Kali  (l'età del “ferro e della tenebra”, in cui viviamo – N.d.T.) vi potrà scuotere.
Anche se i prabhava (forza, influenza), di Kali  sono potenti, il prabhava del vostro cuore è ancor più grande; dovete quindi rimanere fermi in quest'ultimo.
Quel prabhava  è il vostro svabhâva  (vera natura, spontanea qualità del Sé). La maestà dell'Âtma  soltanto è la vostra qualità essenziale. La forza delle parole sacre è la vostra natura intrinseca. Oggi, tuttavia, abbiamo dimenticato il nostro vero svabhâva  e sviluppiamo solo il prabhava. Di conseguenza, anche l'acqua sulla terra si sta riducendo. Il Dharma  dell'uomo è in declino e quindi anche l'acqua all'interno della terra diventa scarsa.

 

Umanità e Moralità
Non ci sono Valori Umani nella società. Mancando la santità nell'uomo, anche la società ne soffre. Non c'è moralità nella politica. Se voi seguiste la moralità, la nazione ne trarrebbe gran beneficio e sostegno.

La nazione che possiede moralità è una vera nazione!
Ascoltate, o forti figli di Bhârat!

Ecco a che cosa dovreste prestare attenzione. Solo la moralità è la vera nazionalità. Non ci sono altre nazioni, Paesi o razze. C'è solo moralità. Senza moralità non c'è Umanità.

 

La parola “thu” nei bhajan
Incarnazioni del Divino Amore!
In ogni campo dobbiamo stare attenti al significato delle parole. I ragazzi cantano bhajan  in hindi usando la brutta parola “tû” (“tû” è hindi, ma in telugu ha un significato sprezzante, diversamente da “tû hai” – N.d.T.). Invece di “Tû Râma”, “Tû Krishna”, “Tû Sai”, si può cantare: “Tû Hai Râma” (Tu sei Râma). Non dite: “Tû, Tû, Tû.” Che maniera è questa d'esprimersi?
Dovreste dire solo parole rispettose. Fra tutte le parole, alcune devono essere considerate sacre e devono essere usate in modo rispettoso. D'ora innanzi fate in modo che tutte le parole pronunciate siano sacre. In telugu la lettera “tû” è umiliante e insultante.

 

Potana
Ieri Râju ha parlato di Potana.

Potana, dal cuore puro, compose il Bhâgavata (in telugu).
Si dice fosse Râma Stesso a parlare per mezzo suo.

Egli ripeteva soltanto il Nome di Dio. Il suo nome, Potana, ha un profondo significato.
“Po” significa “uscire” e “Tana” è il “Sé”. Così egli trattenne “Tana, Tana, Tana”, il Sé, ed eliminò “po”. Quando “po” venne rimosso, egli divenne “Tana”. Per questo Potana fu un gran devoto.
Suo figlio sposò la figlia di shrî Natha. La famiglia di Potana aveva fede in Bhûdevî  (la Terra) e in Godevî  (la Mucca) e viveva quindi d'agricoltura. Un giorno Natha si recò a fare loro visita su una portantina. Lungo la strada, vide suo genero intento ad arare i campi e gli chiese: “Ehi, contadino! Come stai?” È questo il modo con cui ci si deve rivolgere al proprio genero? “Ehi, contadino, che cosa stai facendo?” Il figlio di Potana non si adirò, ma rispose con amore:

“Signore! Essere servitore del re, mangiare il cibo dato dal re,
andare in giro su una portantina!
Non ho proprio bisogno di tale servitù.
Ho fede in Bhûdevî e in Godevî, che sono il mio respiro.
Per questo, a noi non manca mai nulla.”

 

Non dimenticate la Madre Terra
Sin dai tempi antichi, gli Indiani consideravano Bhûdevî  (Madre Terra) loro supporto e vita. Oggi, invece, avendo abbandonato l'agricoltura, vivendo una vita cittadina, guardando la televisione, vendendo i terreni, acquistando una casa in città, essi vivono una vita mondana.
Oggi c'è scarsità di cibo. Avendo abbandonato l'agricoltura, come pensate che Bhûdevî possa nutrirvi? Avete desiderio di denaro e vi trasferite in città. I villaggi sono la vera culla della cultura indiana. Oggi almeno una parte di tale cultura è reperibile nei villaggi, ma non certo nelle città. Se chiedete che cos'è il sanscrito, vi risponderanno: “Non lo so, ma che m'importa del sanscrito!” Solo nei villaggi la gente conosce ancora la cultura di Bhârat.
Così oggi la gente si dimentica di Bhûdevî; la Madre Terra si è quindi adirata e ciò comporta numerosi tipi di calamità. La dimenticanza è vostra, non è colpa della Terra.
Ecco il gran lavoro svolto da Potana. Eliminò tutto ciò che è “po” e mantenne solo “Tana, Tana, Tana”: egli aveva fede nella natura dell'Âtma. Avendo fede nel Sé, allontanò da se stesso tutto il resto. Pertanto, il nome di Potana, in relazione al Bhâgavata, è famoso in tutto il mondo. Egli era solito rispettare tutti e lottò per raggiungere il rispetto di Sé.

 

Vishnu salva Gajendra
Lakshmî e Vishnu erano impegnati in una partita a scacchi. Lakshmî fu in grado con una mossa di bloccare l'elefante di Vishnu. Le donne sono molto intelligenti, giocano con molta intelligenza. Anche gli uomini sono intelligenti, ma la loro intelligenza è instabile. L'uomo fa una cosa, ma la sua mente corre da un'altra parte, mentre le donne qualsiasi cosa facciano, si concentrano completamente.
Allora Lakshmî catturò l'elefante. Vishnu si alzò e disse: “Oh elefante! Aspetta, aspetta, Io ti proteggerò.” Che cosa capì Lakshmî? Pensò che Vishnu volesse proteggere l'elefante che gli aveva sottratto nella partita a scacchi. Ella affermò: “Non lo puoi fare! Non sarai in grado di farlo.” Vishnu alzandosi, stava per andarsene. Quale elefante? Egli stava andando a proteggere l'elefante Gajendra(3).
Gajendra aveva da lungo tempo molti desideri: forza fisica, forza nelle spalle, intelligenza acuta, forza per il suo branco. Era orgoglioso. Adesso, però, era stanco, molto stanco e quindi pregò:

“Swami! Al di fuori di Te non ho nessuno, non ho altro rifugio.
Tu solo devi proteggermi; sii compassionevole.
Vieni, o Signore! O Signore, vieni a proteggermi.”

Vishnu andò. Lakshmî era spaventata: “Che succede? Strano che se ne vada così! Se intende proteggere qualcuno, dovrebbe prendere con sé le armi!”

Ella, lesta, lo seguì volendo domandare, e pensando di chiedergli: “Dove vai?”
Anch'ella rapidamente s'avviò.

Osservate i suoi sentimenti; ella corse inseguendo Vishnu, per chiederGli dove stesse andando. Suo marito avrebbe risposto alla sua domanda oppure no? Nella corsa, la sua treccia si sciolse.
(Swami ha recitato una delle composizioni di Potana – N.d.T.).
Che magnifici versi! Che grandi cose espresse! Proprio i sentimenti di Lakshmî!
(Swami riprende Anil Kumar, il traduttore in simultanea dal telugu in inglese, perché ha tradotto le precedenti parole con la frase “espressione poetica” – N.d.T.).
Non si devono usare parole come “espressione poetica!” (Swami ride e così pure tutto l'uditorio – N.d.T.), perché Potana non intendeva mostrare la sua abilità poetica. Se così fosse, perché mai è stato asserito:

"La parola era il Bhâgavata. Chi la pronunciò, è Râma.”

Potana, infatti, aveva affermato che “il sacro testo era stato annunciato attraverso di lui”. La parola di Potana contiene l'essenza dei tre Veda; essa è la parola dei trikâla(4). Per coloro che vogliono raggiungere la Liberazione, questa soltanto è la via regale. Potana non è soltanto un poeta, anche se i versi poetici sono necessari, perché giungono graditi a chi li ascolta.

 

Non causate agitazione
Tutte le vostre parole dovrebbero essere dolci. Non pronunciate parole che possano causare dolore agli altri. Qualora vi succeda di ascoltare parole negative, digeritele dentro di voi e non riversatele nelle orecchie altrui.
Avete un amico, il quale critica pesantemente un altro amico. Se voi andate a dirgli: “Ehi! Il tuo amico ti ha criticato”, questi si arrabbierà molto e ci starà male! In seguito, anch'egli si adirerà e sarà infelice. In tal modo si crea maggiore agitazione. Oggi, nessuno cerca di tenere l'inquietudine sotto controllo. Non dovreste, quindi, condividere con altri tali turbamenti. In tal caso, la vostra vita fluirà dolcemente, gli altri vi ameranno e voi condurrete un'esistenza ideale.
Tutti i bhajan  che avete cantato sono al di là di ogni biasimo: avete usato solo parole sacre. Nei bhajan  non usate parole che possano far nascere malintesi. Se cantate in tal modo, ogni singola parola risplenderà di dolcezza e santità.

 

(Baba ha concluso il Discorso con i bhajan: “Hari Bhajana Binâ Sukha Shânti Nahin" e "Subrahmanyam Subrahmanyam…”).

 

Prashânti Nilayam, 22 febbraio 2001
Sai Kulwant Hall
Messaggio di Shivarâtrî
Versione Integrale

 

1)  Jatâyu: leggendario re delle aquile, devoto a Râma; inseguì e attaccò Râvana che aveva rapito Sîtâ, moglie di Râma, restando mortalmente ferito. Ottenne di morire alla presenza di Râma, fondendosi in Lui.
2) Sabarî: serva del saggio Matanga. La sua fede fu così forte da richiamare Râma alla sua umile capanna.
3) Gajendra: il signore degli elefanti, devoto di Vishnu. Era stato catturato da un coccodrillo. Dopo aver disperatamente lottato per liberarsi dalla presa, si rese conto che ogni tentativo era vano. Allora pregò di essere salvato abbandonandosi completamente a Vishnu.
4) Trikâla: i tre periodi di tempo: passato, presente e futuro.