19680517 - 17 maggio

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Discorso Divino
Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
17 Maggio 1968

LA RIVELAZIONE

 


Il giusto spirito di una Conferenza


Voi siete impegnati a trovar soluzioni a problemi, argomenti per vincere dei dubbi, mezzi per prevenire la nascita di nuovi problemi e nuove incertezze; ma questi esercizi, così apprezzati da ogni conferenza, non possono giovare al buon esito della navigazione attraverso il mare dello sforzo spirituale. Queste discussioni, risoluzioni, discorsi e regolamenti non sono che fragili espedienti. Il mondo è fin troppo agitato e burrascoso perché questi lo possano acquietare. È il momento questo per una fredda e calma contemplazione, e non per rapide e appassionate speculazioni e frettolose decisioni.

Prima di tutto l’esempio


È necessario che ritorniate a contemplare le eterne lezioni formulate dai saggi dell’India d’una volta, lezioni che negli ultimi anni sono state trascurate e cinicamente dimenticate. I suggerimenti e le soluzioni che sono emerse dalle discussioni odierne son tutte buone, di per sé stesse; ma come può insegnare il nuoto chi non sa nuotare? Come può una persona, il cui granaio è vuoto, elargire elemosine? Acquisite la ricchezza della devozione, della fermezza e della pace prima di arrischiarvi a consigliare gli altri sul come le devono acquisire.

L’India ha dovuto subire il disprezzo e la noncuranza a causa d’una moltitudine di maestri che non si son curati di praticare ciò che loro stessi insegnavano. IO lo so che avete l’entusiasmo di portare il Mio messaggio tra le genti di questo e degli altri paesi; ma consentitemi di ricordarvi che la migliore ed unica via per riuscire in ciò è quella di trasferire il messaggio nelle vostre proprie vite. I vostri pensieri, le vostre parole e le vostre azioni devono essere impregnate del messaggio. Allora sì che si spargeranno senza fatica ed efficacemente, trasformando così la faccia del mondo.

L’Esercito Sai

Sono qui convenuti i presidenti, i vicepresidenti e i segretari delle Organizzazioni Sathya Sai da tutte le parti del mondo. Voi siete gli ufficiali dell’Esercito Sai. Come potete condurre dei soldati alla battaglia quando non siete consapevoli delle complicazioni della guerra, quando voi stessi siete degli strumenti inefficaci? Potete cercare di guidare gli altri solo dopo che avrete praticato le discipline alla perfezione. Ciò vale per tutti i campi delle attività umane. Voi per primi dovrete acquisire la beatitudine e la pace assoluta, affinché possiate comunicarle agli altri.

Guide responsabili


I maestri di scuola devono essere loro stessi esempi di quello che vogliono siano gli alunni. Gli uomini di potere che esortano gli altri a seguire i sentieri dell’amore e della cooperazione devono praticare loro stessi quelle virtù. Al giorno d’oggi la gente non ha voglia d’essere guidata, né i capi hanno la capacità di farlo. Il progresso è il risultato della fiducia reciproca fra chi è guidato e chi guida. L’agitazione che sta imperversando ovunque, in tutti gli strati della popolazione, è dovuta all’irresponsabilità dei genitori, dei maestri, degli amministratori e dei dirigenti, e anche di coloro che bramano avere dei benefici da essi.

Il valore del Nome

Il nâmasmarana, la ripetizione litanica del nome di Dio, è una delle discipline basilari, a cui questa Conferenza dedica molta attenzione. Le Scritture dicono che in quest’epoca materialista essa è l’unica speranza per l’uomo. Tukaram[1] cantava il Nâma-ratna, il “Nome del Signore quale Gemma Preziosa”. Perciò, non dovreste ignorare il Nome come se fosse un pezzo di vetro oppure un ciottolo.

Una gemma per giocare


Una volta un ragazzo raccolse una pietra preziosa tonda e splendente e se ne servì come d’una biglia per giocare in strada coi suoi compagni. Capitò di lì per caso un mercante che s’occu­pava di pietre preziose, e il suo sguardo acuto cadde sulla gemma. Avvicinato il ragazzo e portatolo in disparte, gli offrì cinquanta rupie per la sua biglia. Se il bimbo avesse saputo quant’e­rano cinquanta rupie, avrebbe compreso il valore di quella gemma!

Corse da sua madre e le disse che un estraneo aveva tentato d’offrirgli cinquanta rupie in cambio della pallina con cui stava giocando. La madre fu sorpresa della notizia che valesse tanto, e gli disse: «Non uscire più in strada con quella biglia; se vorrai, potrai giocare in giardino con i tuoi amici». Reso noto il suo valore, vennero poste delle limitazioni.

Quella notte il mercante non riuscì a dormire: studiava il modo di acquistare la gemma da quella gente semplice, per poi rivenderla con un buon profitto a qualche milionario o maharajah. Trovò l’abitazione del ragazzo, e cominciò a camminare su e giù per la strada con la speranza di vederlo. Quando vide che il bimbo giocava con quella gemma come se fosse una biglia di nessun valore, si sentì straziare il cuore.

Il ragazzo la gettò sul pavimento e la madre, che proprio in quell’istante stava uscendo dalle sue stanze, urtò la gemma con il piede facendola finire in un cespuglio. Il mercante, che poté allora parlare al bimbo, gli propose in cambio del gioiello prima cento e poi cinquecento rupie! Il figlio, piangendo, scappò in casa lamentandosi di quell’estraneo che non voleva lasciarlo in pace, e la madre uscì in giardino e lo pregò d’andarsene. Il mercante colse l’occasione, e disse alla donna ch’era pronto a darle mille rupie se gli avesse consegnato la biglia!

Udito ciò, la donna proibì al bimbo di giocare con la pallina fuori casa; avrebbe potuto giocare solo all’interno delle stanze. Ma il mercante non si diede per vinto, e il giorno seguente si presentò davanti alla porta offrendole diecimila rupie. La donna non accettò, e chiuse la gemma in uno scrigno di ferro, sotto chiave! Quando, il giorno successivo, il mercante ritornò con cinquantamila rupie, lei si decise a portarla in una banca per depositarla in una cassetta di sicurezza.

La chiave del successo

Anche voi giocate alle biglie col Nome di Dio, inconsapevoli del suo pregio. Quando venite a conoscenza del suo valore, lo chiudete nel profondo del vostro cuore come il più prezioso dei tesori. Sappiate che il Nome è la chiave per il successo nella vostra ricerca di consolazione, fiducia, coraggio, illuminazione e liberazione.

Il giro del mondo di Ganapati

Dai testi antichi si può trarre un altro esempio. Una volta, fu indetta una gara tra gli Dei per scegliere il capo dei Gana (le truppe di semidei al servizio di Shiva). I concorrenti dovevano fare velocemente il giro del mondo e ritornare ai Piedi di Shiva. Gli Dei partirono sui propri veicoli, e anche il figlio più giovane di Shiva partecipò con entusiasmo alla gara. Aveva testa d’elefante, e per veicolo un topo! Naturalmente, ciò gli era di gran svantaggio. Non aveva ancora fatto molta strada, quando gli apparve Nârada, che gli chiese: «Dove sei diretto?»

Il giovane ne fu molto seccato e andò su tutte le furie, poiché ciò che gli accadeva era di cattivo augurio, doppiamente sfavorevole per chi si metteva in viaggio. È infausto che, non appena s’inizi un viaggio, ci si incontri con un bramino solitario. Nonostante fosse il più grande dei bramini — Nârada era figlio di Brahmâ stesso — ciò era pur sempre di cattivo auspicio! Per contro, non sta bene che uno si metta a chiedervi “Dove sei diretto?”, quando vi state dirigendo da qualche parte. Quindi, figuratevi: Nârada gli pose proprio questa domanda!

Ma il grande bramino riuscì lo stesso a calmare la sua rabbia. Si fece raccontare dal figlio di Shiva la causa della sua tristezza e il suo desiderio di vincere. Lo consolò, esortandolo a non disperarsi e gli disse: «Il nome di Râma è il seme da cui si sprigionò quell’immenso albero chiamato Universo. Perciò, scrivi in terra il nome “Râma”, fagli un giro intorno, e precipitati da Shiva a reclamare il premio». Così fece, e tornò da suo Padre, il quale gli chiese come mai avesse fatto così in fretta.

Ganesha gli raccontò la storia e il consiglio di Nârada, e Shiva, apprezzando la validità di tale consiglio, assegnò il premio al figlio, che fu acclamato col nome di Ganapati, “Capo dei Gana” e quello di Vinâyaka, “Conduttore di tutti”.

Nome potente

Non v’è dubbio che il Nome vi porti la Grazia di Dio. Mirabai, regina del Rajasthan, abbandonò il suo stato e le sue ricchezze, la sua fortuna e la sua famiglia per dedicarsi all’adorazione del Signore, di “Giridhara Gopala”, il Divino Protettore degli armenti (Krishna) che sostenne la montagna con un dito. Il marito le porse una coppa di veleno, ingiungendole di berlo; ma ella, nel berlo, pronunciò il nome di Krishna, e il veleno, per la Grazia del Nome evocato, si tramutò in nettare!

Il Nome che contempla le qualità divine: Dio come dolcezza…

Kîrtan è la parola usata per indicare la recitazione o il canto del Nome e della Gloria di Dio. Samkîrtan significa recitare o cantare bene, o a gran voce e con estasi. Si possono distinguere quattro forme differenti di nâma-samkîrtan: il bhâva nâma-samkîrtan, il guna nâma-samkîrtan, il lîlâ nâma-samkîrtan e il puro nâma-samkîrtan. Per bhâva nâma-samkîrtan s’intendono le recitazioni in cui si canta il Nome con una certa emozione o atteggiamento mentale (bhâva) verso il Signore.

Può essere madhurabhâva, una dolce emozione come quella che sopraffece Râdhâ; ella vide, udì, gustò, cercò e ottenne solo quella dolcezza, ovunque e ad ogni istante. Raso vai sah: «Egli è Dolcezza». Ella non fece distinzioni fra la Natura e quella di Dio: tutto era Dio, tutto era Krishna. Sentì, percepì, e seppe che Krishna era sempre presente: negli stati di veglia, di sogno e di sonno profondo. Realizzò la verità di ciò che afferma Krishna nella Gîtâ, e cioè che le Sue Mani e i Suoi Piedi, gli Occhi, il Viso e il Capo sono ovunque. La sua adorazione di Dio è l’esempio supremo del madhura bhâva nâma-samkîrtan.

…come figlio

Abbiamo poi il vâtsalya-bhâva nâma-samkîrtan (recita del Nome con il sentimento d’una madre verso il figlio). Yashodâ, la madre adottiva di Krishna, può esser presa come esempio per questo tipo di disposizione mentale. Benché avesse avuto una serie d’esperienze della Sua Divinità, ella preferì servirLo come madre e adorarLo come suo figlio.

…come amato

L’anurâga-bhâva nâma-samkîr­tan (il sentimento che c’è fra l’amante e l’amato), trova la sua esemplificazione migliore e più pura nelle gopî. Esse avevano posto nei loro cuori il Signore, si erano liberate da ogni attaccamento terreno e vivevano solo nella Sua contemplazione, dedicando a Lui tutti i pensieri, le parole e le azioni.

…come amico

Vi è poi il sakhya-bhâva nâma-samkîrtan (il sentimento di amicizia), come quello di Arjuna, che credeva in Krishna come al suo più intimo amico e cognato (avendo sposato la sorella di Krishna) e confidava in Lui quale suo compagno. Anche questo è un atteggiamento che vi attacca alla Divinità, sublimando gli impulsi più bassi.

…come Padrone

Un altro tipo è il dâsya-bhâva nâma-samkîrtan (l’atteggia­men­to che c’è tra il servo e il padrone): servire il Signore quale Suo fedele e indiscusso servitore. È il sentiero seguito da Hanû­mân nel Râmâyana. Egli non aveva né volontà né desideri; pregava solamente d’esser un buon strumento per i fini del suo Padrone.

…come Burattinaio

C’è poi il shânta-bhâva nâma-samkîrtan, la lode al Signore checché accada, noncuranti degli alti e bassi, e sopportando tutti i ghiribizzi della fortuna come facenti parte del Suo Gioco. Leggendo il Mahâbhârata, si vedrà che Bhîshma era pregno di quest’atteggiamento; egli adorò Krishna persino nell’istante in cui Questi avanzò verso di lui per ucciderlo.


…come Autore di tutto

Un altro modo di fare nâma-samkîrtan è quello di rammentarsi, mentre si recita il Suo Nome, delle Sue gesta e dei Suoi giochi, dei vari atti di Grazia e di Compassione che il Signore ha manifestato al mondo. È il lîlâ nâma-samkîrtan, il cui sentiero portò Chaitanya e Tyâgarâja alla realizzazione del Signore.

…come Tutto


Altri invece, mentre recitano il Suo Nome, si concentrano in contemplazione sulla maestà, gloria, potenza, mistero, magnificenza, munificenza e amore di cui Dio s’è rivestito. Questo atteggiamento viene definito come il guna nâma-samkîrtan, che porta il pensiero agli attributi e alle caratteristiche divine. Molti dei santi venerati in vari paesi fanno parte di questa categoria.

…come mero suono

Un’altra classe è quella dei ricercatori che danno importanza alle sillabe e al suono del Nome come tale, senza curarsi del suo significato. Dicono che, quando il Nome viene pronunciato, esso attira verso l’aspirante Dio e la Sua stessa Grazia, qualunque sia la disposizione d’animo e qualsiasi siano i giochi divini e gli attributi che vengano o meno associati alla ripetizione. Essi affermano che, seppur solo e privo di sostegno, il Nome ha la forza, il potere e la capacità di redimere, curare e salvare.

Il mantra di Râma


Una volta fu lo stesso Râma (figlio di Dasharatha ed eroe del Râmâyana, incarnazione del Signore nel Tretâ-Yuga) ad indicare il nome Râma come potenza liberatrice. Quando Râma, accompagnato da Sîtâ e Lakshmana attraversò la foresta, gli eremiti che riconobbero la Sua Divinità andarono da Lui e Lo pregarono di iniziarli, e di dar loro qualche potente mantra da ripetere per avere l’elevazione spirituale e la vittoria.

Râma rispose d’esser solo un principe in esilio che vagava per la foresta e, perciò, non riteneva d’avere nessun’autorità per iniziare degli asceti nella via spirituale; e se ne andò per i sentieri della giungla. Al vederlo camminare leggero, seguito immediatamente da Sîtâ e con Lakshmana in coda, un vecchio eremita esclamò: «Amici! Guardate! Râma ci sta iniziando! Egli ci concede il mantra! Dio è il conduttore, e la Natura (la Sua fedele compagna, la Sua ombra) lo segue; per ultimo viene l’individuo (il jîvi), parte del Signore, l’onda dell’Oceano; egli può vedere Dio solo se l’ingannevole Natura è propiziata o viene sorpassata.

Questa è veramente una silenziosa lezione nella pratica spirituale. “Ra” è Dio e “ma” è l’individuo che è rimasto indietro. “” è la Natura, Prakriti; e Râma è il mantra ch’Egli ci concede così misericordiosamente. Accettatelo e vi salverete; per me non vi è altra strada». Così disse l’asceta.

Râma, nome universale

Do rilievo al Râma-nâma, al nome di Râma, perché il principio Râma è l’Âtma; Râma significa “ciò che è piacevole, che piace”. Ebbene, l’Âtma è la fonte di ogni gioia: La sua natura è Beatitudine. Inoltre, come scoprì Tyâgarâja, il nome Râma può essere adottato tanto dai devoti di Nârâyana (Vishnu) quanto da quelli di Shiva.

I mantra di Nârâyana e di Shiva

La sillaba “Ra” è la sillaba chiave del Nârâyana Mantra — Om namo nârâyanaya — e la sillaba “ma” è la sillaba chiave dello Shiva Mantra — Om namashivâya —.
Non hanno alcun senso i pregiudizi e le discordie tra chi adora la Forma Nârâyana di Dio e quelli che adorano la Forma di Shiva, perché entrambe rappresentano l’Uno Fondamentale e Universale. Essi si distinguono, è vero, dagli oggetti divini differenti tra loro.

Essi recano: la Conchiglia (shanka) e il Disco (chakra), nel caso di Nârâyana; il Tamburello (tamaru) e il Tridente (trishûla), nel caso di Shiva. Ma, sia la conchiglia che il tamburo simboleggiano l’accessibilità di Dio per mezzo della lode udibile e del canto; il disco e il tridente sono i simboli di Dio Creatore e Padrone del Tempo. Il disco rappresenta la ruota del tempo, mentre le tre punte del tridente ne rappresentano il passato, il presente e il futuro. Nârâyana è chiamato anche Hari, e Shiva anche Hara; entrambi questi nomi derivano dalla stessa radice har, che significa “distruggere, rimuovere, affascinare, attrarre”, funzioni di cui Dio si è rivestito.

Dio appare a chi Lo chiama

Il dovere dell’uomo è di santificare i suoi giorni e le sue notti con l’ininterrotto ricordo e ripetizione (smarana) del Nome. Concentratevi in contemplazione con gioia, con ardente desiderio. Se lo fate, Dio non mancherà di apparirvi dinanzi nella Forma e con il Nome che Gli avrete attribuito come i più belli e i più appropriati!

Universalità di Dio

Tutti i nomi e tutte le forme sono Dio, ed Egli ne è l’inte­grazione in un armonioso incanto! Le raffigurazioni di Dio date dalle diverse fedi e adorate dalle diverse comunità umane, sono tutte membra dell’Unico Dio com’Egli è realmente. Come il corpo è l’armonioso fondersi dei sensi e delle membra, Dio è l’armo­nia di tutte le forme e di tutti i Nomi che Gli vengono attribuiti dall’uomo! Soltanto coloro che sono ignari della Gloria di Dio insisteranno su d’un solo Nome e su d’una sola Forma per adorarLo e, ciò ch’è peggio, condanneranno l’uso da parte d’altri di Nomi e Forme diverse!

Poiché siete tutti associati all’Organiz­zazione Sathya Sai, devo mettervi in guardia da questa sciocca ostinazione. Non andate in giro a proclamare che appartenete ad una setta diversa e separata da quella che adorano Dio con altre Forme e altri Nomi. Così facendo, limitate quello stesso Dio che volete lodare. Non proclamate nel vostro entusiasmo: «Vogliamo solo il Sai, e il resto non c’interessa». Vi dovete convincere che tutte le Forme e tutti i Nomi sono di Sai, e che non ci sono “residui”; tutti sono Lui.

Nessun culto nuovo

Avrete notato che nei Miei discorsi non parlo di Sai, né che canto di Sai durante i bhajan con cui di solito concludo i Miei discorsi. Vi sarete anche chiesti il perché. Ora ve ne spiegherò la ragione: non voglio che guadagni terreno l’impressione ch’Io desideri propagandare questo Nome e questa Forma. Non sono venuto a mettere in piedi un nuovo culto, né voglio che la gente si crei false impressioni. Io affermo che questa Forma di Sai è la Forma di tutti i vari Nomi che l’uomo usa per adorare il Divino. Perciò, v’insegno che non dovrebbe essere fatta alcuna distinzione fra i nomi di Râma, Krishna, Îshvara, Sai, poiché son tutti nomi Miei.

Associazioni Seva senza etichette

Sapendo che IO sono la corrente che illumina tutte le varie lampadine, esse mi sono indifferenti, mentre per voi sono tanto importanti. Se date a loro importanza, sorgono le fazioni e nascono le sette. Le Associazioni Sathya Sai Seva non dovrebbero incoraggiare i dissensi e le differenze; devono adorare l’Uno che appare come i molti, il Divino di base, Colui che illumina tutte le lampadine. Non ho la minima intenzione di utilizzare i gruppi Seva per propagandare il Mio nome o per rastrellare omaggi per Me. No!

Sono felice solamente quando gli sforzi e le discipline spirituali per elevare e purificare l’uomo progrediscono ovunque. Solo per mezzo d’essi vi sarà rivelata la Mia Realtà Universale. Perciò, non limitateMi entro i confini d’un nome o d’una forma qualsiasi. Il vostro scopo dovrebbe essere quello di vedere lo stesso Dio in tutte le forme che vengono adorate, di dipingerLo in tutti i nomi e d’essere inoltre consapevoli della Sua Presenza quale Motore Interiore di tutti gli esseri viventi, in ogni particella di materia.

Non cadete nell’errore di considerare certe persone degne di rispetto, e certe altre indegne. Sai è in ognuno, e perciò tutti meritano da voi rispetto e il vostro servizio. Diffondete questa verità; è questa la funzione che assegno alle Associazioni Seva.

“La Mia Vita è il Mio Messaggio”

Avete la possibilità di osservare Me e le Mie attività; guardate come Mi attengo alla rettitudine, all’ordine morale, alla verità e compassione universale. Questo IO voglio che apprendiate da Me! Molti di voi M’implorano per avere un Mio “Messaggio” da portare al gruppo di cui siete membri. Ebbene, la Mia Vita è il Mio Messaggio. Aderirete al Mio Messaggio se vivrete in modo tale che le vostre vite siano delle attestazioni di una calma imparziale, di coraggio, di sicurezza, di ardore nel servire coloro che vivono in miseria, e se vi ispirerete alla Mia Vita.

Calunnie e diffamazioni

Dio è immanente nel mondo. Quindi, trattate il mondo con amore, come trattereste il vostro Maestro. Krishna servì i Pândava e fece da cocchiere ad Arjuna. Così, pur non essendo un re, Egli divenne molto di più: un Creatore di re! Servite, qualunque sia l’ostacolo e il cinico scherno che vi potrete attirare. Tali rea­zioni sono inevitabili quando ci s’impegna a fare del bene.

Guardate Me per esempio: la lode e la calunnia Mi hanno accompagnato attraverso i secoli. Le opposizioni e gli ostacoli tendono unicamente a mettere in luce il bene e a rafforzare le decisioni. Le torture che il padre inflisse a Prahlâda allo scopo di distogliere Dio dalla sua mente, servirono solo a dar valore alla sua ferma devozione. La malvagità di Râvana servì solo a rivelare la potenza dell’arco di Râma. I diffamatori come Shishupâla, Dantavakra, Râvana e Kamsa sono gli inevitabili complementari d’ogni incarnazione.

Anche il presente Sai Râma ha in quest’era tale associazione, evidenziata anche adesso da una simile schiera. Da una parte l’adorazione e l’omaggio formano montagne, e dall’altra l’abiura e le calunnie formano anch’esse picchi elevati. Trovandomi in mezzo ad essi, li benedico entrambi a mani elevate, non sentendomi esaltato da una o depresso dall’altra. Poiché, mentre i diffamatori saranno ricompensati dalla corona che si meritano, IO sarò incoronato dalla Mia stessa Gloria.

Il miracolo che rivela Dio

Di che utilità può essere il solo adorare il Mio Nome e la Mia Forma, se non cercate di coltivare lo stesso amore per tutti che IO possiedo, la Mia imperturbabile equanimità, il Mio amore, la Mia pazienza e fermezza, la Mia natura d’eterna beatitudine? Nelle vostre conferenze voi trattate degli eccezionali poteri del Sai, e gli avvenimenti vengono descritti come “miracoli” nei libri che alcuni hanno scritto su di Me.

Vi prego di non dare importanza a questi fatti. Non esagerate il loro significato e permettetemi di dirvi che il potere più importante e significativo è il Mio amore. Potrei cambiare il cielo in terra o la terra in cielo, ma non sarebbe questo il segno della Potenza Divina. È l’amore, la fermezza effettiva, universale e onnipresente ad esser l’unico segno.

Il prezzo dei preziosi

Quando cercherete di coltivare e diffondere questo amore e questa fermezza, i guai e le fatiche pedineranno i vostri passi. Li dovrete accettare, poiché senza di essi non potrà venir fuori il meglio che è in voi. Se l’oro fosse abbondante come la sabbia e i diamanti comuni come i ciottoli, nessuno si curerebbe di loro. Questi invece si ottengono dopo enormi sforzi e sacrifici; è perciò che vengono avidamente ricercati.

La Verità di Sai Baba

Dal momento che si è riunita qui gente devota e persone provenienti da tutte le nazioni, vi devo dire una cosa. Non v’è alcun dubbio che prima d’ora si siano tenute delle conferenze mondiali dedicate alla religione o a problemi spirituali, come pure, conferenze di seguaci di particolari fedi. Ma queste si tennero solo dopo la morte dei loro promotori e ispiratori divini. Questa è la prima e vera volta che si tiene una Conferenza Mondiale di devoti, mentre l’Incarnazione è presente davanti a tutti, con il corpo assunto per lo scopo, e che porta il Nome da Lui scelto.

Ve la devo divulgare questa verità, perché novantanove persone su cento fra di voi non conoscono la Mia Realtà. Siete stati attratti qui da esigenze diverse, dalla predilezione per argomenti spirituali, dal desiderio d’ampliare le associazioni a cui siete affezionati, da am­mi­razione e affetto, dall’amore, dal rispetto o da uno slancio d’entusiasmo che vi spinge ad unirvi agli altri per condividere la vostra propria esultanza.

Sai inafferrabile


In verità, voi non potrete capire la natura della Mia Realtà né oggi, né fra mille anni di rigida austerità o d’ardente ricerca, anche se tutta l’umanità si unisse in questo sforzo. Ma, in breve tempo, prenderete coscienza della beatitudine riversatavi dal Principio Divino, che si è assunto questo sacro Corpo e questo sacro Nome. La vostra buona fortuna, che vi offre questa occasione, è ben più grande di quella di cui disposero gli eremiti, i monaci, i saggi, i santi e persino personalità che incarnavano aspetti della Gloria Divina!

L’Illusione di Sai


Dal momento che cammino con voi, mangio come voi e parlo con voi, venite ingannati dalla credenza che questo non sia che un esempio di comune umanità. Guardatevi da tale errore. Io stesso v’illudo cantando con voi, discorrendo e impegnandomi in attività con voi. Ma la Mia Divinità vi si può rivelare in qualunque istante; siate pronti, preparati per quel momento. Dato che la Divinità è permeata d’umanità, vi dovete sforzare di vincere l’Illusione, Mâyâ, che la nasconde ai vostri occhi.

La più grande fortuna

«Questa è una forma umana nella quale si manifesta ogni Entità Divina e ogni Principio Divino, vale a dire tutti i nomi e le forme che l’uomo ha attribuito a Dio».[2] Non permettete che il dubbio vi distragga; se solo installerete nell’altare del vostro cuore una fede salda nella Mia Divinità, potrete ottenere una visione della Mia Realtà. Se invece oscillate come il pendolo, un momento devozione, l’istante dopo incredulità, non riuscirete mai a comprendere la Verità e a ottenere quella beatitudine. Siete veramente molto fortunati d’avere oggi, in questa stessa vita, la possibilità di poter sperimentare la beatitudine della visione della Forma di tutte le Forme e di tutti gli Dei.

Un tempo grandi solo dopo la morte


Vorrei attrarre la vostra attenzione su d’un altro fatto. Quando, in precedenti occasioni, Dio s’incarnò sulla Terra, la beatitudine di riconoscerLo nell’incarnazione veniva accordata solo dopo che la personificazione fisica aveva abbandonato il mondo, nonostante i copiosi ed evidenti segni della Sua Grazia. La fedeltà e la devozione che Essi esigevano sorse negli uomini dalla paura e dal timore che incutevano i Loro poteri e capacità sovrumane, o dinanzi alla loro maestosa e imperante autorità.

Ma riflettete un momento su questa manifestazione di Sathya Sai; in quest’era di sfrenato materialismo, d’aggressiva incredulità e irriverenza, cos’è che porta milioni di persone d’ogni parte del mondo ad adorarLo? Vi convincerete che la ragione di base di tutto ciò è il fatto che questa è la Divinità Soprannaturale in Forma Umana.

Il Piano di Sai

Come siete fortunati di poter vedere tutti i paesi del mondo che rendono omaggio a Bhârat; potete sentir echeggiare in tutto il mondo l’adorazione del Nome di Sathya Sai, quando ancora questo corpo esiste; non in un lontano futuro, ma mentre è con voi, davanti a voi.

D’altronde, sarete ben presto testimoni del ristabilirsi del Sanâtana Dharma — la Legge Eterna e Universale — nel suo stato autentico e naturale; del Dharma formulato nei Veda per il bene di tutti i popoli della Terra. Il ripristino del Dharma vedico è nel Piano di Sai, che non ha il solo scopo d’attirare a Me le genti, attratte dalla manifestazione della Mia Energia e della Mia Capacità. Non è un fenomeno d’illusione: questo fenomeno sosterrà la Verità e sradicherà la menzogna. Tale vittoria vi farà esultare nell’estasi. È questo il Sai Sankalpam, il Progetto Sai.

I Veda non si vendono

Alcune persone, persino coloro che hanno raggiunto un certo grado di comando e d’autorità, hanno iniziato a barattare le formule vediche e i principi della cultura indiana, vendendole per trarne lucro; e gli Occidentali son pure propensi ad acquistarle! Queste verità e queste rivelazioni non sono mercanzie da potersi vendere o acquistare. Perciò, andrò presto nei paesi occidentali, allo scopo d’informarli del loro vero valore e per porre una fine a questo mercato.

Le autorità universitarie degli Stati Uniti d’Ame­rica e i leader degli studenti di quelle università hanno scritto d’es­ser desiderosi di darMi il loro benvenuto, e d’aver formulato alcuni programmi per la Mia venuta. Ieri soltanto abbiamo avuto i passaporti per l’Africa, con la preghiera che IO vada a visitare quei paesi. Prima del mese di giungo ci andrò.

Il Summum Bonum

Perciò, cercate d’utilizzare le possibilità di star con Me il più possibile, e sforzatevi di seguire le direttive che vi ho dato quanto prima e quanto meglio potete. È sufficiente che obbediate ai Miei insegnamenti; ciò vi gioverà ben più d’un rigorosissimo ascetismo.

Praticate la verità, la rettitudine, la pace e l’amore: queste sono le virtù che mi sono più care. Cercate di tenere sempre dinanzi a voi questi ideali, in tutti i vostri pensieri, parole e azioni. Ciò vi conferirà il summum bonum di fondervi nella Sostanza Suprema della Divinità.



Bombay, venerdì 17 Maggio 1968
I° Conferenza Mondiale delle
Bhagavân Shrî Sathya Sai Seva Organizations



Note:
[1] Tukaram (1608-1650 d.C.) fu un popolare e venerato santo del Mahârâshtra, autore di migliaia di poesie devozionali.
[2] Sarvadaivattva sarvarûpâ­lanu dharincinas mânavâkârame î âkâram.