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19960630 - 30 giugno

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
30 giugno 1996

 

Sorgete, svegliatevi e raggiungete la meta della vita


“Non potete ottenere buoni risultati se compite azioni malvagie.
Similmente, non avrete alcun risultato cattivo se farete buone azioni.
Non si possono ottenere frutti di mango seminando semi di nîm.
Allo stesso modo, se seminate un seme di mango non otterrete frutti di nîm.”

Confidate in Dio e compite buone azioni


Studenti! Qualunque seme seminiate, esso darà una piantina che diventerà un albero e produrrà i frutti corrispondenti a quel seme; questa è la legge della natura e il segreto della creazione. Si può essere d’accordo o meno, ma questa verità non cambierà.

Come seminate raccoglierete
Ogni azione dell’uomo ha un risultato ed esso sarà com’è l’azione. L’alberello sarà come il seme; quando seminate un certo tipo di seme, non potrete ottenere un alberello di tipo diverso; pertanto, qualunque tipo di azione facciate, otterrete dei risultati coerenti. Quindi l’uomo dovrebbe compiere soltanto buone azioni in modo da raccogliere buoni frutti. Oggi la gente non fa azioni sacre, ma vuole guadagnarsi del merito.


Le persone non intraprendono azioni meritevoli, ma vogliono ottenerne i frutti.
Indulgono in attività peccaminose, eppure vogliono evitarne le conseguenze.


L’uomo compie azioni peccaminose, ma non vuol subirne le conseguenze: questo è il risultato della sua ignoranza. Ciò non è dovuto semplicemente alle tendenze umane, ma anche all’impatto delle circostanze. Quando le persone non sono capaci di sopportare le difficoltà, le sofferenze e i problemi, si lamentano e protestano: “O Dio! Perché mi sottoponi a questa prova così difficile?” Dio, però, non è responsabile delle vostre difficoltà e sofferenze. Le gioie e i dolori che incontrate sono il risultato delle vostre stesse azioni, non sono dati da Dio. Egli è l’Eterno Testimone, è come il postino che vi consegna qualunque busta, cartolina o vaglia postale che arrivi a nome vostro e non è responsabile delle notizie buone o cattive che vi sono contenute. Siete voi a dover sperimentare felicità o sofferenza nel ricevere notizie buone o cattive; il portalettere non ne è coinvolto. Allo stesso modo, qualunque azione buona o cattiva compiate, ne sperimenterete le conseguenze. Non è Dio a darvi cose buone o cattive o a farvi ottenere i loro frutti. C’è però una cosa chiamata “grazia speciale”: se pregate Dio con tutto il cuore e con sentimenti sacri, Egli viene ad aiutarvi. C’è comunque un presupposto fondamentale al fatto che Dio porga la Sua Mano soccorritrice: Egli tiene conto delle azioni buone che avete fatto nell’attuale vita e nelle precedenti e sparge la Sua Grazia su di voi.
Pochi minuti fa, un ragazzo della dodicesima classe ha parlato della devozione di Draupadî. Duryodhana sottopose Draupadî a sofferenze grandi e cercò di disonorarla alla corte dei Kaurava; ella pregò Krishna e Lo invocò: “O Keshava! Mâdhava! Deva! Madhusûdana! Nârâyana! Salvami!” Keshava indica Colui che ha capelli scuri e ricci ed è l’Incarnazione di Brahmâ, Vishnu e Maheshvara. Krishna udì la sua preghiera e rifletté per un momento su come aiutarla; Egli rivide la sua vita trascorsa, considerò le sue azioni buone sulla cui base poterle dare aiuto e notò un fatto piccolo ma significativo: era il giorno di Sankrânti; Satyabhâmâ, Rukminî, Jâmbavatî, Draupadî e molte gopika trascorrevano beatamente il tempo nella divina compagnia di Krishna. In quel giorno fortunato, tutti stavano masticando della canna da zucchero quando Krishna, nello sbucciare una canna, si ferì un dito che cominciò a sanguinare. In effetti, Egli lo fece intenzionalmente per metterle tutte alla prova. A Dio piace mettere alla prova i devoti e gradisce il sapore (taste) di queste prove (tests); poi spande la Sua grazia speciale su coloro che le hanno superate. Anche i bambini vengono sottoposti a una prova che ne stabilisce l’idoneità a essere ammessi alla prima elementare. Dio non mette alla prova i devoti perché non Gli sono simpatici, li odia o si diverte; lo fa per Amor loro, per Compassione e Gentilezza immense al fine di concedere la grazia. Satyabhâmâ, Rukminî, Jâmbavatî e Draupadî erano molto vicine a Krishna e videro il sangue che usciva dal Suo dito; i servitori, essendo un po’ più distanti, non potevano accorgersene. Satyabhâmâ chiamò subito una cameriera e le chiese di andare a prendere una benda per il dito di Krishna, mentre Rukminî correva a prenderne una; Draupadî, invece, strappò la parte finale del suo sari e fasciò il dito di Krishna. Quando Satyabhâmâ e Rukminî videro ciò, si guardarono ammirando la devozione di Draupadî, si sentirono mortificate e pensarono: “Noi non abbiamo l’amore, la devozione e il discernimento che ha lei; siamo attaccate soltanto alla forma fisica di Krishna, ma non comprendiamo davvero le Sue necessità.” Quando Draupadî pregò Krishna di aiutarla, Egli ricordò quel fatto e decise che fosse arrivato il momento di ricompensarla per l’atto di sacrificio che aveva compiuto quel giorno.

Dio s’incarna per redimere tutto il genere umano
In questo mondo fisico, se volete qualcosa, dovete dare qualcos’altro in cambio. Quando volete comprare un fazzoletto, andate in un negozio e date del denaro al commerciante che vi dà l’oggetto. Anche per guadagnarvi la grazia di Dio dovete offrirGli qualcosa. Anche se la vostra offerta è piccola, Egli vi ricompenserà a piene mani. Kucela offrì a Krishna un pugno di riso brillato ed Egli lo ricompensò con una ricchezza immensa. Satyabhâmâ fece di tutto per bilanciare Krishna con l’oro, ma non ci riuscì, mentre l’offerta di una foglia di tulasî fatta con devozione da Rukminî poté superarLo in peso. Prima di porre la foglia di tulasî sulla bilancia, ella pregò così:


“Ti si può offrire una foglia, un fiore, un frutto o persino dell’acqua,
ma se è vero che Tu offri Te stesso a chi ha devozione,
o Krishna, possa Tu esser bilanciato da questa foglia di tulasî!”


Che cosa significa la foglia? Questo corpo fisico, con i tre attributi di sattva, rajas e tamas, è la foglia.  Che cosa comunica il fiore? È il cuore puro, pieno di profumo. Similmente, il frutto sta a indicare la mente. Il frutto della mente è pieno di dolce succo, ma essa non ne conosce il sapore come un albero non conosce il sapore dei suoi frutti e un rampicante non può assaggiare il nettare dei suoi stessi fiori. Allo stesso modo, un uomo dedito alle cose del mondo non può conoscere il sapore del nettare contenuto nei testi sacri. L’offerta di una semplice foglia di tulasî fatta con devozione e senza alcuna aspettativa da parte di Rukminî fu sufficiente a ottenere la grazia del Signore dell’universo. Similmente, Draupadî fece un sacrificio per Krishna senza aspettarsi niente. Quando dovette affrontare una dura prova alla corte dei Kaurava, ella chiuse gli occhi e pregò semplicemente Krishna: “Keshava! Mâdhava! Deva! Madhusûdana! Salvami!” I suoi possenti mariti, nonostante fossero tutti lì presenti, non potevano controllare la situazione. Draupadî pregò: “O Krishna! Per me non c’è altro rifugio che Te.” Egli ricordò come ella avesse strappato il suo sari per bendare il Suo dito ferito; in cambio di quel pezzetto di stoffa, Krishna le dette un sari di lunghezza infinita per proteggerne l’onore. Perciò, se fate un’offerta anche piccola a Dio, diventate meritevoli di ricevere la Sua sovrabbondante grazia.
Per legge divina, nessuno può sfuggire alle conseguenze delle sue azioni: i risultati saranno coerenti a esse. Soltanto la grazia di Dio può salvarvi dalle conseguenze di ciò che fate.


O uomo, è possibile evitare le conseguenze delle azioni?
Tu puoi studiare le Scritture e adorare le tue divinità familiari,
puoi andare nella foresta e osservare severe austerità,
ma è impossibile sfuggire alle conseguenze delle tue azioni.
Tu preleverai soltanto l’acqua che il tuo recipiente può contenere,
sia che tu l’attinga in un piccolo lago sia in un oceano immenso.


La grazia di Dio che ottenete dipende dal recipiente del vostro cuore. Potete ingrandire quel recipiente con la grazia speciale di Dio; senza di essa non potete ottenere niente.


Si può avere la gagliardia fisica e il potere dell’intelligenza ma,
se non si ha la grazia divina, si cadrà nell’afflizione.
Karna era un guerriero valente, ma quale fu il suo fato?
Non dimenticate mai questa verità.


Dio spande la Sua grazia su tutti. È come la pioggia: piove forse per il bene di un individuo particolare?  No, piove per tutti gli esseri umani. La pioggia rinfresca tutti e calma la sete di tutti; similmente, l’aria si muove per tutti e non per un individuo particolare. Infatti, tutti gli elementi sono intesi per il sostentamento di tutti gli esseri. Allo stesso modo, Dio non si incarna per il bene di un individuo, di una razza o di paese particolari; si incarna per redimere tutto il genere umano.

Evitate le cattive compagnie
Karna era dotato del potere dell’intelligenza, di ogni tipo di arma e forza fisica, ma mancava del potere divino. Qual era la ragione? Le tendenze malvagie radicarono in lui perché si legò a cattive compagnie e divenne uno dei quattro malvagi; non appena si unì alla compagnia dei tre malvagi, cioè Duryodhana, Duhshâsana e Shakuni, divenne la quarta persona malvagia. Quindi, non dovete mai frequentare compagnie cattive; esse danno forza alle tendenze malvagie e queste portano ad azioni riprovevoli. La compagnia che frequentate ha un’influenza potente sulla vostra vita.

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Io posso dirvi che tipo di persona siete quando Mi dite che tipo di compagnia frequentate. Karna era di natura nobile e virtuosa; dovreste cercar di conoscere la sua nobiltà.
Durante la guerra del Mahâbhârata, Krishna decise di far vedere ad Arjuna la grandezza di Karna. Per quale ragione? Arjuna era pieno di ego perché pensava di essere l’arciere più grande e che nessuno fosse uguale a lui. Inoltre, Krishna era il suo miglior amico e suo cognato, e poteva realizzare tutti i suoi desideri. Volle sottomettere l’ego di Arjuna in modo discreto, per cui lo portò da Karna che giaceva sul campo di battaglia; era ferito gravemente, in condizioni critiche. Essi lo avvicinarono in veste di bramini e Krishna gli disse: “Karna, tu sei conosciuto come uomo estremamente caritatevole. Dato che devo celebrare una cerimonia sacra a casa Mia, sono venuto a chiederti la carità nonostante non sia corretto da parte Mia farlo in questa situazione.” Pur giacendo a terra, Karna chiese: “Che cosa vuoi?” Krishna rispose: “Voglio un po’ d’oro.” Al che il ferito replicò: “O bramino, vai a casa mia, di’ a mia moglie che Ti mando io ed ella Ti darà tutto l’oro che vuoi.” Allora Krishna aggiunse: “Io non sono venuto qui per essere coinvolto in questo tipo di transazioni d’affari; non dirMi di andare da tua moglie, da tua suocera o da tuo suocero. Io sono venuto a chiedere direttamente a te. DonaMi ciò che puoi, altrimenti Me ne andrò per la Mia strada.” Karna chiuse gli occhi, pensò per un po’ a come fare per procurare dell’oro sul campo di battaglia e ricordò di avere due denti d’oro. A quei tempi, era uso comune coprire i denti con una foglia d’oro nonostante non vi fossero dentisti. “Stacca i miei due denti coperti d’oro”, egli disse, ma Krishna rispose: “Come? Dovrei strappar via i tuoi denti? Dovrei farti violenza per ottenere da te questa piccola quantità d’oro? Come puoi chiamare questo carità? Non lo è affatto. I tuoi denti non li toccherò neppure.” Allora il ferito raccolse una pietra, si spezzò i denti e li offrì a Krishna, ma Questi volle metterlo ulteriormente alla prova: “Io sono un bramino; come posso toccare dell’oro coperto di sangue? Questo è contrario alla Mia condotta.” Immediatamente Karna prese l’arco e scagliò in terra una freccia che fece zampillare una sorgente d’acqua in cui egli lavò i denti offrendoli quindi a Krishna con la mano destra. A quel punto Krishna dette un’occhiata eloquente ad Arjuna. Egli era in piedi con la testa china in segno di rispetto alla grandezza di Karna e disse a Krishna: “Non ho mai visto un simile spirito di sacrificio, tanta nobiltà e devozione in nessuno. Io stesso non posso eguagliare la grandezza di Karna e mi scuso con Te per la mia impudenza.” La gente, a quei tempi, considerava offrire qualunque cosa a Dio come il Dharma più grande. Ogni azione ha un risultato o l’altro. È come un seme; c’è un albero in ogni seme e ci sono frutti in ogni albero. L’albero produrrà frutti in base al tipo di seme, per cui dovreste decidere di intraprendere azioni sacre. Voi siete contenti quando fate un’azione malvagia, ma piangete quando dovete sopportarne le conseguenze. Pertanto, prima di fare una qualunque azione, dovreste determinare se essa sia buona o cattiva. Compite soltanto azioni buone. Voi, però, parlate e agite senza pensare; come risultato, soffrite.

L’attaccamento al corpo è la causa della sofferenza dell’uomo
Prima di affrontare qualunque impegno, prendete un po’ di tempo per chiedervi se si tratti di cosa buona o cattiva. Fate soltanto cose buone; accertatevi che le azioni che fate non danneggino o feriscano qualcuno in alcun modo. Questo sembra però impossibile per colpa del vostro attaccamento al corpo. Solamente coloro che hanno abbandonato tale attaccamento possono fare azioni simili. In effetti, la vostra caratteristica temporale e terrena è la causa di tutte le sofferenze: voi avrete una visione temporale e terrena finché sarete attaccati al corpo e sarete soggetti alla sofferenza e al dolore finché avrete sentimenti legati al mondo. Non appena abbandonate l’attaccamento al corpo, la caratteristica temporale e terrena scompare e, dove essa manca, non c’è dolore. Come accade? Durante lo stato di veglia voi avete sentimenti terreni e siete attaccati al corpo; come conseguenza, sperimentate il piacere e il dolore. Nello stato di sonno profondo, dimenticate il corpo e anche il mondo; quando non c’è il mondo, non c’è dolore e, in effetti, in questo stato, non c’è dolore né felicità. A mano a mano che vi attaccate di più a Dio, l’attaccamento al corpo diminuisce sempre più e anche i sentimenti relativi alle cose del mondo si riducono. Voi potete liberarvi dei vostri dispiaceri soltanto quando imparate a ridurre i sentimenti legati al mondo. Il fuoco che divampa nella foresta brucia forse soltanto gli alberi di nîm e risparmia quelli di mango? No, brucia tutto. Allo stesso modo, quando abbandonate l’attaccamento al corpo, trascendete tanto la felicità quanto l’afflizione. I castelli e i palazzi che vedete in sogno smettono di esistere non appena aprite gli occhi; è per questo che le Upanishad esortano gli uomini: “Sorgete, svegliatevi, accostatevi agli uomini nobili e imparate da loro il segreto che fa raggiungere la Divinità.”
Svegliatevi dal sonno dell’ignoranza, e percepite la vostra Realtà alla luce della saggezza. Incapaci di comprendere di essere voi stessi l’incarnazione della Verità, andate cercandola altrove. La Verità non è in alcun luogo esteriore: voi stessi siete Esistenza-Conoscenza-Beatitudine (Sat-Cit-Ânanda). Supponete che ci sia un primo ministro, o un presidente o un re. Nel sonno egli non ha consapevolezza di essere tale e, solamente quando si sveglia, può dire: “Io sono il primo ministro”, “Io sono il re”, “Io sono il presidente.” Similmente, uno che brancola nel sonno dell’ignoranza dei sentimenti terreni non sarà consapevole della Verità “Io sono l’Incarnazione di Sat-Cit-Ânanda”; per questo svegliatevi dal sonno dell’ignoranza, aprite gli occhi e vedete la via della saggezza. Solamente allora sarete capaci di riconoscere la vostra Realtà. Nel sonno, voi non sapete chi siete; conoscete il vostro nome, la forma e la posizione sociale soltanto quando siete svegli. Qual è la vostra situazione attuale? Siete persi nel sonno dell’appartenenza al mondo e nell’ignoranza; per questo non potete sapere di essere l’incarnazione di Esistenza-Conoscenza-Beatitudine. Sorgete, svegliatevi e raggiungete la meta della vita. Supponete che nel sogno siate morsi da un serpente e cominciate a gridare: può il dolore che provate nel sogno esser lenito applicando una medicina sul vostro corpo? No. Appena qualcuno vi sveglia, il dolore prodotto nel sogno dal morso del serpente sparisce di colpo. Voi provate la paura del serpente e il dolore del morso finché siete addormentati; quando qualcuno vi sveglia, non c’è più il serpente, né la paura e la ferita inferta dal morso. Com’è la vostra vita oggi? L’uomo è perso nel sonno dell’ignoranza e dell’attaccamento al corpo ed è per questo che Krishna disse:


Anityam asukham lokam imam prâpya bhajasva mâm
“Dato che il mondo è temporaneo e pieno di infelicità,
meditate costantemente su di Me.”
Bg. 9.33


Questo mondo è come un sogno in cui voi subite molti tipi di sofferenze; qual è il rimedio e la cura per questo? L’unico rimedio è il destarsi da questo sonno dell’ignoranza. L’attaccamento al corpo è la causa di tutta la sofferenza dell’uomo. Pertanto, egli dovrebbe ridurlo gradatamente; soltanto allora potrà sperimentare la felicità, tanta felicità per quanto riduce l’attaccamento al corpo. Quindi, chiunque voglia sperimentare la felicità deve ridurre l’attaccamento al corpo. Chi è attaccato al corpo accresce l’ego per la sua ricchezza, per la possanza fisica, per la posizione di autorità o per il supporto della gente. Quando le nubi sono cariche d’acqua, diventano pesanti e piove. Se un albero è carico di frutti, tutti i rami si piegano verso il basso; similmente, quando voi crescete e fate progressi, l’ego e l’attaccamento al corpo devono progressivamente diminuire.

Fate nascere in voi il potere del Sé

Che cosa considera oggi l’uomo come suo sostegno? Ecco un piccolo esempio: un uccellino è posato sulla punta di un rametto e non ha paura neppure quando esso si muove avanti e indietro al soffiare del vento. Per quale ragione? La ragione è che l’uccello si fida più delle sue ali che del ramo su cui sosta; quindi questo può muoversi, scuotersi o rompersi, ma il volatile non ha paura, si fida del sostegno delle sue ali. Oggi l’uomo non ha neppure la fiducia in se stesso che ha un uccello; seduto sull’albero del mondo, egli ha paura anche di pericoli da niente. Perché? Perché manca di fiducia in se stesso, non ha fede in sé. Persino un uccello non teme avendo fede nelle proprie ali, mentre l’uomo non ha fede in se stesso ed è per questo che viene turbato anche da un problema piccolo e non riesce a sopportare o affrontare neppure la minima difficoltà. Invece gli uccelli e gli animali sono capaci di vivere senza alcuna paura, in quanto conducono una vita molto naturale. Oggi l’uomo fa affidamento soltanto sulla sua forza fisica, sulla ricchezza e sul potere dell’intelligenza; non si rifugia nel potere del Sé. Con la fiducia in se stessi si può ottenere qualunque cosa. Quanto durerà il potere della ricchezza? Essa viene e va come una nuvola passeggera. Similmente, per quanto tempo potete affidarvi all’appoggio della gente? Finché avete potere e vi rigirate nella ricchezza, tutti gli amici e parenti vi stanno intorno; chi vi rispetterà dopo? Voi avrete tutti i tipi di potere quando maturerete il potere del Sé. Decidete dunque di vivere facendo conto sul potere dell’Âtma e su Dio. Credete in Dio e compite azioni rette: i risultati saranno proporzionati alle azioni. Il fiato dipende dal cibo consumato, il pane dalla farina usata; quindi impegnatevi in azioni sacre e sperimentate la beatitudine eterna e celestiale: questo è lo scopo primario dell’uomo e il suo principale obiettivo. Se fate azioni malvagie, non vi sarà possibile ottenere risultati buoni. Pertanto, fate il bene. Sforzatevi di ottenere la vicinanza di Dio. Ogni passo dovrebbe avvicinarvi a Dio e rendervi più cari a Lui; solamente allora potrete esser vittoriosi nella vita.

(Baba ha concluso il Discorso con i bhajan: “Râma Jayam Raghu Râma Jayam…”  e “Hari Bhajan Binâ Sukha Shânti Nahin…”).


Prashânti Nilayam, 30 giugno 1996.
Sai Kulwant Hall

(Da “Sanâtana Sârathi”, settembre 2010)