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19960704 - 04 luglio

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
04 luglio 1996

Dimenticate il non sé e meditate sul Sé


O uomo! Conduci la vita compiendo atti meritori,
intraprendendo azioni di sacrificio,
sviluppando l’amore, dominando le tendenze demoniache
e prendendo la via della devozione.”


Vera sâdhanâ è sviluppare sentimenti sacri


Incarnazioni dell’Amore!
La nascita umana si ottiene molto raramente; ancor più raro è ottenere la pace nella vita. Dalla nascita alla morte, la vita dell’uomo va soggetta a molti cambiamenti, ma, cosa strana, egli non si accorge di questa verità.


Nell’infanzia, si sviluppa un preponderante interesse per il gioco
e si trae diletto dalla frequentazione dei propri compagni.
Nella gioventù e nella mezza età, si è impegnati a coltivare
le relazioni mondane e a guadagnare denaro.
In vecchiaia, ci si rammarica di non aver questo o quello,
e, persino in quell’età avanzata, si desidera ancora
il denaro piuttosto che pensare a meditare su Dio.
In questo modo, l’uomo spreca la sua preziosa nascita umana.


Considerate il vostro dovere come esercizio spirituale
L’uomo è dotato di grande potere intellettivo e, non sapendo come farne un uso proficuo, prende la strada sbagliata. Egli sa che cosa è giusto e che cosa non lo è. Quando chiedete a qualcuno la ragione per cui abbia scelto il sentiero errato, egli accampa scuse come: “Tutto questo è dovuto all’influenza di mâyâ.” La gente pensa che tutta l’illusione che predomina in questo mondo sia gioco di mâyâ; che cos’è mâyâ? È solamente un nome, non ha esistenza reale. Le persone istruite e gli studiosi chiamano mâyâ “danzatrice” (nartakî), la quale fa ballare l’uomo alla sua musica. Come potete tenere sotto controllo questa danzatrice? Se invertite le sillabe di “nartakî” ottenete la parola “kîrtana” (il canto delle glorie del Signore), che è come dire che si può sottomettere mâyâ prendendo la via della devozione e cantando le glorie di Dio. Una persona immersa completamente nell’amore non può descrivere la propria esperienza, proprio come uno immerso completamente nell’acqua non può dir niente. Solamente chi sperimenta l’amore a un livello superficiale può parlarne; è buffissimo che persone che non lo hanno mai assaporato né sperimentato tengano conferenze sul principio dell’amore. Quale sâdhanâ si dovrebbe praticare per sperimentare l’amore? Qual è il significato vero di sâdhanâ? La vera sâdhanâ consiste nel dimenticare anâtma (il non Sé) e meditare sull’Âtma (il Sé), dimenticare avidyâ (l’ignoranza) e perseguire Vidyâ (la Conoscenza), tralasciare tutto ciò che è effimero e pensare soltanto a ciò che è eterno. La pratica spirituale non è limitata al canto dei Nomi Divini, alle austerità, alla meditazione e al sacrificio. Molte donne assolvono ai loro compiti domestici con dedizione, curando le necessità dei mariti e dei figli; alcune sono contrariate dal fatto di non poter partecipare alle attività spirituali come il satsang o l’ascolto dei discorsi spirituali dovendo usare tutto il loro tempo nelle attività famigliari. Qual è il grande merito che deriva dal prender parte alle pratiche spirituali se i vostri doveri casalinghi vengono trascurati? Per una donna, la pratica spirituale reale è di aver cura dei figli, far contento il marito, mantenere la casa pulita e condurre una vita famigliare ideale. Anche preparare il cibo per il marito e i figli il mattino e la sera, mandare i figli a scuola, aiutare il marito ad andare in ufficio e curare bene la casa è una grande pratica spirituale.

Seguite una pratica spirituale per crescere spiritualmente

Persino lo svolgimento dei quotidiani doveri casalinghi, come cucinare, può diventare un’altissima pratica spirituale. Togliere sassolini dal riso e mondarlo dalle impurità può essere paragonato allo yoga della distinzione tra il campo (il corpo) e il Conoscitore del campo (kshetra kshetrajña vibhâga yoga) e lo yoga della classificazione delle tre qualità di sattva, rajas e tamas (gunatraya vibhâga yoga), come descritto nella Bhagavad Gîtâ. Questo può anche essere considerato lo yoga della discriminazione tra l’Âtma e l’anâtma e, in questo contesto, i sassi che vengono separati dal riso rappresentano lo kshetra e il riso simboleggia lo Kshetrajña. In casa, le donne cuociono anche le verdure; mentre le tagliano col coltello dovrebbero pensare: “Io non sto tagliando delle verdure, ma le qualità malvagie che sono presenti in me con la lama della saggezza.” Poi dovrebbero lavarle pensando di usare l’acqua dell’amore, metterle a cuocere, salarle e condirle con aromi pensando di porle sul fuoco della discriminazione aggiungendovi il sale e gli aromi della fede incrollabile e della devozione. Questa è la sâdhanâ che può promuovere la crescita spirituale. In casa, nel pomeriggio, la madre prepara uno spuntino di puri per i bambini; mentre fa questo, non deve essere dispiaciuta di non poter assistere ai bhajan e di passare il tempo in cucina: mentre spiana la pasta per fare il puri, deve avere il sacro sentimento di allargare il suo cuore e, mentre spazza il pavimento, deve pensare: “Io non sto semplicemente pulendo la casa: sto rendendo il mio cuore puro e limpido.”


Deho devâlaya prokto jîvo deva sanâtana
Il corpo è un tempio e Dio vi risiede.


Generare in sé sentimenti sacri è vera pratica spirituale. Frequentare associazioni spirituali, ascoltare discorsi spirituali e, una volta rientrati a casa dimenticare tutto, non serve a niente; invece di questo, la sâdhanâ migliore si fa stando a casa e sbrigando le faccende domestiche in modo sacro. Fare il proprio dovere è la pratica spirituale più elevata; quale pratica spirituale può essere più grande che seguire questo sacro cammino? Non vi capita di incontrare gente che indossa abiti ocra e vuol far credere di aver rinunciato al mondo, ma è incapace di liberarsi dell’ego e degli attaccamenti?

Abbandonare le qualità malvagie costituisce la vera rinuncia
Durante il suo giro trionfale del Paese per diffondere la conoscenza dei Veda, Adi Shankara incontrò un grande erudito vedico, Mandana Mishra, ed ebbe un dibattito con lui. Anche la moglie di Mandana era una studiosa notevole e una donna di grande saggezza che viveva in un âshram e insegnava i princìpi della condotta onesta ai suoi discepoli. Un giorno, mentre stava recandosi con loro al fiume Gangâ (Gange) per un bagno, vide un sannyâsin (rinunciante) sdraiato all’ombra di un albero con sotto la testa una zucca vuota che usava per conservare l’acqua da bere. Egli la custodiva attentamente in modo che nessuno gliela rubasse. Ubhayabharati vide l’attaccamento del sannyâsin alla zucca e disse ai suoi discepoli: “Guardate! Quest’uomo si definisce un rinunciante, ma è molto attaccato a una zucca vuota; come può una persona con un tale attaccamento ottenere la rinuncia?” Il sannyâsin udì il commento ma non replicò. Quando Ubhayabharati e i suoi discepoli tornarono dal fiume, egli gettò la zucca secca davanti a loro per dimostrare di non esservi attaccato, ma, vedendo quel gesto, ella osservò appropriatamente: “Credevo che fosse affetto soltanto dall’attaccamento, ma ha anche l’ego.” Gettare via la bottiglia non dimostra il senso di rinuncia, dimostra l’ego. Come può qualcuno che ha attaccamento ed ego diventare uno jñânin e un sannyâsin? Che beneficio può trarre una persona simile dal fare esercizi spirituali? Quindi Ubhayabharati gli disse: “Avendo rinunciato a tutto, perché dovresti avere ego e attaccamento? Questo non va bene”, impartendogli così la conoscenza della vera rinuncia e mostrandogli la via della saggezza. Il sannyâsin cadde ai suoi piedi e promise che, da lì in avanti, avrebbe rinunciato all’ego e all’attaccamento e condotto una vita di vera rinuncia. Come lui, molti si illudono pensando di aver rinunciato a tutto, ma a che cosa hanno rinunciato? Qual è il significato vero della rinuncia?

La rinuncia non consiste nel semplice abbandono della famiglia,
delle ricchezze e nel ritirarsi nella foresta.
La vera rinuncia è fatta del rifiuto delle qualità malvagie.
Questo è vera rinuncia e vero yoga.


Molti rinunciano ai possedimenti mondani e materiali, ma questa non è rinuncia nel vero senso della parola. Voi dovete liberarvi delle qualità malvagie, delle abitudini riprovevoli, dell’ego e dei sentimenti non sacri che sono presenti dentro di voi. Questa è vera rinuncia. Abbandonare la terra e la casa è piuttosto facile, non è molto difficile; ciò che dovete abbandonare sono le qualità negative che vi portano sulla strada sbagliata e causano sofferenze immense. La gente si preoccupa dell’influenza dei nove pianeti nella sua vita, ma ciò che causa davvero sofferenza non sono quelli, ma l’attaccamento e l’odio; l’uomo può trovare la pace quando abbandona questi due. Non c’è bisogno che facciate alcuna pratica spirituale speciale per avere la pace: la troverete quando assolverete con serietà i vostri doveri. Se siete un capofamiglia, dovete portare a compimento i doveri prescritti per i capifamiglia; se siete un celibe, dovete seguire i princìpi dei celibi. In questo modo, tutti dovrebbero aderire al Dharma prescritto per la loro fase di vita e santificare il tempo meditando su Dio, ma i percorsi delle persone di questo mondo sono strani: esse non sono ricettive ai discorsi su argomenti sacri o ideali, mentre ascoltano con grande interesse chi parla di ogni sorta di questioni malvagie. Per loro, due orecchie non sono sufficienti per ascoltare discorsi malvagi: prendono addirittura a prestito le orecchie degli altri.

Le persone non ascoltano le parole buone dette con tutto il cuore,
mentre sono tutt’orecchi quando si raccontano cose malvagie.
Come può gente simile comprendere la Mia Divinità?
A che serve tutta la sua istruzione?


Questo è il modo in cui l’uomo oggi si comporta. Egli non gradisce vedere niente di buono; desidera vedere tutto ciò che è cattivo e la sua mente non è ricettiva a nulla di positivo, ma è sempre pronta a farsi avvincere da tutto ciò che è malvagio. Se gli chiedete di pensare a qualcosa di buono, la sua mente diventa totalmente vuota, mentre non fa alcuna fatica a intrattenere pensieri riprovevoli: gli vengono automaticamente. Perché? Egli si è abituato a questo tipo di comportamento; per questo dovrebbe cambiare i suoi metodi e dedicarsi a cose buone.

Il corpo subisce dei mutamenti, l’Âtma no

Il Principio della Divinità è uno, ma viene visto sotto molte forme. Guardate questa ghirlanda: ci sono fiori di molti colori, ma il filo che li unisce è uno. Esso non subisce alcun mutamento; ieri era lo stesso filo di oggi e domani sarà ancora quello, mentre i fiori che erano dei boccioli ieri, oggi si sono aperti e domani sfioriranno. Il corpo umano è come questi fiori. Oggi siete giovani come fiori in piena fioritura, ma domani diverrete vecchi come fiori appassiti. È il corpo ad andare incontro a tutti i cambiamenti; il Principio Atmico che lo abita è immutabile in tutti e tre i periodi di tempo. Il Principio di Brahma è come il singolo filo che passa attraverso tutti i fiori della ghirlanda. Esso è presente in tutti gli esseri. Questi cambiano, ma il Principio di Brahma rimane sempre lo stesso. Non dovete preoccuparvi del corpo che va soggetto a continui cambiamenti; dovete seriamente cercare di attenervi a ciò che è eterno: questa è la sâdhanâ che dovreste compiere. Occorre che usiate la mente e l’intelletto che Dio vi ha dato per seguire questa pratica spirituale.
Supponete che in fondo a un bicchier d’acqua ci sia dello zucchero; se bevete l’acqua che è in superficie, non potrete assaporarlo, ma, se la girate bene con un cucchiaio, la dolcezza si diffonderà in tutto il liquido. Allo stesso modo, lo zucchero della Divinità è presente in fondo al vostro cuore: se agitate l’acqua dei vostri pensieri con il cucchiaio di buddhi (l’intelletto), la Divinità si diffonderà in tutto il cuore. Questa è la sâdhanâ che dovete compiere. Per seguire questa pratica spirituale, non c’è bisogno di andare in alcun posto: il vaso del cuore è in voi come lo zucchero della Divinità e il cucchiaio dell’intelletto. Che bisogno c’è allora di cercare? Dove occorre cercare? Dove bisogna andare? Cercare la Divinità altrove è ignoranza pura.

Dio risiede nel vostro cuore
Tyâgarâja cercava il Signore Râma ovunque, ma alla fine comprese che non c’era bisogno di andare in cerca dell’Uno che era sempre con lui. Il re di Tanjavur lo invitò a corte per ascoltare la sua composizione. Tyâgarâja notò le molte eminenti personalità che c’erano e, in tutta umiltà, cominciò il suo concerto con la composizione “Endaro mahanubhavulu andariki vandanamulu” (Ci sono molte anime grandi; io mi prostro davanti a tutte loro). Tutti i convenuti erano rapiti nell’ascolto di quel dolce canto. Per ricompensarlo, il re gli offrì del denaro, vedendo il quale Tyâgarâja si chiese: “O mente, dimmi se la felicità è nel denaro o nella vicinanza di Dio”, e, dopo aver riflettuto, decise di non accettarlo. Il re, allora, lo fece accompagnare al suo villaggio con un palanchino e gli onori dovuti. Alcuni ladri, vedendolo nel palanchino, pensarono che avesse molto denaro con sé e lo seguirono, al che i portatori dissero: “Swami, siamo inseguiti dai ladri; potrebbero perfino ucciderci”, ma egli rispose: “Perché dovreste aver paura? Voi non avete denaro che è la causa della paura; soltanto quelli che hanno denaro hanno paura. Perché coloro che hanno soltanto la ricchezza delle virtù dovrebbero aver paura dei ladri? Voi avete solo virtù, non denaro. Quindi, non temete.” Dopo un po’, i ladri corsero da Tyâgarâja e si gettarono ai suoi piedi pregandolo: “Per favore, proteggici, proteggici.” Al che egli chiese: “Da chi dovrei proteggervi? Perché chiedete a me di proteggervi? Quale calamità è caduta su di voi?” Essi gli dissero che due uomini armati di archi e frecce stavano minacciando di punirli. Udendo ciò, Tyâgarâja comprese che Râma, che lui era andato cercando qua e là, era sempre con lui e cantò questa canzone in Sua lode:

Munduvenaka iruprakkala todai unnava, oh Râma!
O Râma, Tu sei davanti a me, dietro di me e ai miei lati.”

Râma gli fece comprendere la Sua onnipresenza dandogli questa esperienza. Dio è sempre con queste anime nobili e le protegge comunque in tempo di difficoltà. Celebrando la compassione di Râma, Tyâgarâja cantò, in estasi, questa canzone: “Râma nannu brovara” (Râma, Ti prego di essere il mio protettore).
Il ricercatore spirituale va cercando Dio nel mondo esteriore fin quando non comprende che Egli è veramente in lui; una volta che lo ha capito, non c’è più necessità che segua alcuna pratica spirituale. Tutti dovrebbero cercar di capire questo principio dell’onnipresenza di Dio; in effetti, voi stessi siete Dio. Il corpo è il Suo tempio e il cuore Ne è il sancta sanctorum. Dio risiede nel vostro cuore; dovreste comprendere questa verità.

Voi commettete peccato quando criticate gli altri
e non potrete mai evitarne le conseguenze
perché gli altri non sono che Dio Stesso.

Coloro che voi considerate “altri” non sono in realtà tali: essi sono veramente le incarnazioni della Divinità e quindi non dovete criticarli, insultarli o mancar loro di rispetto. Per quale ragione? Dio è presente in tutti. Una volta che avrete compreso questo Principio della Divinità, non avrete più preoccupazioni. Amate e rispettate chiunque incontriate. Vi farò un piccolo esempio.

Tutti i poteri sono immanenti nell’Amore
Il ragazzo che ha parlato prima è di Shimla. Quando si iscrisse alla nostra scuola elementare, dieci anni fa, era un bambino; anche suo fratello studia qui. Il padre portò la loro madre su una barella a Brindâvan dall’Himâcal Pradesh e Io le dissi: “D’ora in avanti, essi sono figli Miei; non preoccuparti per loro.” Consegnandoli a Me, ella disse: “O Madre Sai! Io affido i miei figli a Te”, e, così dicendo, chiuse gli occhi e spirò. Condussi questi bambini a Prashânti Nilayam e li iscrissi alla scuola elementare. In quell’occasione, questo ragazzo disse: “Sai è la mia vera madre.” Anche il padre fu contento di affidarli a Me. Da quel giorno, questi ragazzi non hanno mai pianto; nonostante siano molto sensibili, si sono attenuti strettamente alla promessa che fecero a Swami. Una volta che vi siate offerti a Dio, non proverete più dolore nella vita; questo è vero abbandono. La loro madre morì e il padre non viene qui spesso perché sa che Swami si prende cura di loro. Ogni giorno, Io li incontro, parlo con loro e Mi informo sul loro benessere. I loro teneri cuori sono pieni di salda fede. Oggi questo ragazzo ha parlato molto bene sul tema della fede perché il suo cuore ne è intriso. Essi non soffrono il dolore della separazione dalla madre. Una volta, quando questo ragazzo ricordò la madre e cominciò a piangere, la preside lo portò da Me e disse: “Swami, il ragazzo non mangia e piange sempre.” In quel periodo egli era in prima elementare. Swami lo portò nella stanza dei colloqui, creò un anello per lui, gli parlò dolcemente e lo rasserenò; da quel giorno, egli ha sempre una faccia sorridente. (Applausi prolungati). I bambini hanno il cuore sacro e per questo possono sperimentare l’Amore Divino, mentre gli adulti non sanno sperimentare quest’Amore. L’Amore è sommamente sacro e può dare coraggio e forza morale immensi. Questi ragazzi hanno potuto rimanere qui felicemente perché sono con Swami; sarebbero contenti di stare in qualche altro posto? No. Swami dà loro più amore di mille madri. Neppure coloro che si definiscono rinuncianti sono capaci di comprendere questa verità; essi eseguono pratiche spirituali come il canto e la meditazione, ma a che servono queste pratiche se la mente è soggiogata dall’ego e dall’attaccamento? L’uomo può vivere in questo mondo senza angustie adottando un solo principio. Quale? Il Principio dell’Amore. Se avete Amore, potete avere tutto: l’eccellenza fisica, il potere intellettuale e tutti gli altri poteri. Tutti i poteri, di cui avete bisogno in questo mondo, sono presenti nell’Amore. Quando avete l’oro, potete farne qualunque ornamento e, in modo simile, quando avete la grazia di Dio, potete ottenere qualunque cosa. Che altro vi necessita quando Dio diventa vostro? Che cosa c’è di più grande di questo? Comprendete allora il Principio della Divinità e agite di conseguenza. Abbandonare tutte le qualità malvagie è sufficiente; se lo fate, non avrete bisogno di compiere alcuna pratica spirituale. Fate nascere in voi la certezza che il Dio che adorate è presente in tutti. Gli studenti devono coltivare il Principio dell’Unità; se acquisite questo principio, potrete ottenere tutto. La ricchezza e i possedimenti sono come nuvole passeggere, vengono e vanno pur essendo anch’essi in qualche misura necessari per vivere in questo mondo. Io ho cura di tutte le problematiche, siano esse grandi o piccole. Voi siete delusi del fatto che Swami non vi abbia parlato perché non siete consapevoli di questa verità. Io chiamo il preside ed esamino con lui anche i problemi minori. Pur avendo moltissime altre responsabilità, chiedo informazioni su ogni singolo studente (scroscianti applausi), ma gli studenti dalla mentalità ristretta pensano: “Peccato! Swami non mi ha parlato, non mi ha guardato.” Io, invece, vedo tutti e Mi informo sul loro benessere. Il ragazzo che ha parlato prima ha detto: “Io ho perduto una madre, ma ho trovato l’amore di mille madri.” Quanti possono avere una fortuna così grande? Quanti possono parlare così con una convinzione simile? È per questo che egli Mi ha chiamato “mia Madre Sai” all’inizio del discorso. Coloro che hanno una fede così salda sono protetti dalla fede; la loro fede sola li porta a ogni tipo di successo. L’Amore concede, similmente, tutti i tipi di successo, per cui generatelo in voi. Soltanto se avrete l’Amore sarete vittoriosi in tutti i tentativi.

Mantenete il silenzio e osservate la disciplina
C’è un’altra cosa importante che vi voglio dire e cioè che dovreste osservare la disciplina. Come vi ho detto ieri, dovreste parlare sempre dolcemente e con amore; vi ho detto anche di non usare parole aspre parlando agli altri, ma, negli ultimi mesi, la disciplina è stata un po’ carente a Prashânti Nilayam. La gente fa una gran confusione quando si alza dopo i bhajan; dopo che Io ho scelto i devoti per il colloquio e li ho condotti all’interno, gli altri, sotto la veranda e fuori, si alzano e fanno molto trambusto come se fossero in un mercato. Dopo la fine del programma nel mandir, dovreste andar via in silenzio riflettendo su ciò che Swami ha detto invece di chiacchierare inutilmente tra di voi; da un lato, le donne fanno un gran rumore e dall’altro ci sono gli uomini a farlo. Per tutto il tempo, parlano, parlano, parlano! Trattenetevi dal parlare eccessivo, non soltanto qui in questo mandir o a Prashânti Nilayam, ma persino per strada o ovunque siate. La disciplina dovrebbe essere come la vostra ombra: dovrebbe seguirvi dappertutto. Voi dovreste attenervi alla disciplina non solamente in questo luogo, ma anche fuori, mentre camminate per strada. Da voi, Dio si aspetta la disciplina e questo è importantissimo. Alla fine dei bhajan, tornate in silenzio alle vostre stanze. Potrete parlare solamente quando sarete tornati a casa. Mentre siete a Prashânti Nilayam, o anche in altri luoghi, non avete motivo di insistere in chiacchiere eccessive. Parlando troppo, sprecate molta energia e, ascoltando parole superflue, disturberete anche la vostra pace mentale. Inoltre, l’eccessivo parlare vi rende nervosi e vi procura un calo di memoria. Pertanto, osservate una stretta disciplina e rimanete in silenzio. Gli uomini e le donne non dovrebbero parlarsi nel mandir; possono farlo quando tornano a casa. Inoltre, non parlate inutilmente tra voi neppure nel bazar, nel mandir o in qualunque altro posto. Non solo: ci sono degli adulti che chiacchierano senza ragione di fronte agli studenti dando un cattivo esempio. Gli adulti dovrebbero comportarsi in modo esemplare. Nel silenzio, si può udire il suono cosmico e quindi, almeno da oggi in poi, mantenete il silenzio, siate disciplinati e, ancor più, non usate parole aspre con gli altri, come vi ho detto ieri. Conducete la vita con Amore, considerando l’Amore il vostro respiro vitale. Abbiate fede nel fatto che l’Amore è Dio. Dimenticare l’Amore è come dimenticare Dio. Fate sì che il vostro dire sia soffuso d’Amore, vivete con compassione e tolleranza e raggiungete quello stato in cui, meditando su Dio, si dimentica persino il tempo.

(Baba ha concluso il Suo Discorso con il bhajan: “Govinda Krishna Jai…”).

Prashânti Nilayam, 4 luglio 1996,
Sai Kulwant Hall

(Da “Sanâtana Sârathi”, febbraio 2011)