La questione delle traduzioni autentiche

(dal Discorso di G. Venkataraman al Convegno degli editori - 07.2005 al punto 6)

Molti devoti d’oltremare sono molto preoccupati dal fatto che sembra ci siano molte versioni inglesi dello stesso Discorso di Swami. Sono confusi e chiedono: “Qual è davvero la versione autentica, se ce n’è una? In futuro, potremo avere una versione ufficialmente designata come ‘la versione’?”

Posso comprendere questa preoccupazione e vorrei esprimere alcuni pensieri a tal riguardo, soprattutto visto che sono stato personalmente coinvolto nel redigere vari Discorsi per una traduzione consecutiva multilinguistica e per le trasmissioni Radio Sai. Consentitemi di cominciare con un paio di fatti storici, a cui la gente sembra non dare molta importanza. Comincerò con la Bhagavad Gîtâ, data all’uomo da Dio circa cinquemila anni fa. L’originale è in sanscrito ed è composta di settecento versi. Ci sono però circa una dozzina o più di versioni e ciò fa sorgere la domanda: qual è la versione ufficiale? Fortunatamente, o sfortunatamente, nessuno può rispondere a questa domanda. Permettetemi poi di prendere in considerazione il Nuovo Testamento della Sacra Bibbia. Come tutti sanno, esistono quattro vangeli, e tutti contengono la descrizione di alcuni dei principali eventi della vita di Cristo, come dei Suoi Insegnamenti. Limitandoci alle parole dette da Cristo, quale di questi quattro vangeli dobbiamo considerare “ufficiale?”

Se guardiamo al modo in cui la storia ha trattato questa questione, ciò che fondamentalmente ha fatto è stato di concentrarsi sul contenuto del messaggio piuttosto che sulle parole effettive che lo formano. Questo è un punto importante e desidererei soffermarmi su di esso. Sia nel caso della Bhagavad Gîtâ sia nei vangeli, l’essenza non risulta diversa nelle differenti versioni, sebbene le parole possano esserlo. Nel caso della Gîtâ in particolare, sebbene possano esservi settecento o più versi, quelli fondamentali sono più o meno una dozzina o su per giù, ed essi sono presenti in tutte le versioni. Non è dunque veramente importante quale versione della Gîtâ si segua.

Io credo che la stessa cosa si possa applicare ai vangeli; le parole possono essere diverse, ma fanno tutte trapelare Cristo come l’Incarnazione dell’Amore e della Compassione e il contenuto del Suo Messaggio resta il medesimo.
Consentitemi, adesso, di passare alla questione delle traduzioni. Per quanto riguarda la sola lingua inglese, c’è un gran numero di traduzioni della Bhagavad Gîtâ.
Ora, quale di queste è da prendere come versione ufficiale? Se si vuole citare un verso particolare della Gîtâ in inglese, qual è la versione a cui si deve fare riferimento? Quando si pone la questione in una simile prospettiva, ci si rende conto immediatamente che non c’è una versione ufficiale, né esiste una commissione tanto competente da dichiarare una particolare versione come quella ufficiale in lingua inglese.

Ma ciò, ha forse scoraggiato gli studiosi? No di certo, poiché essi, quasi invariabilmente, si attengono al contenuto e allo spirito delle parole piuttosto che alle esatte parole stesse.
A questo punto, si potrebbe obiettare: “Senti, tutto ciò non calza in questo caso. Swami è fra di noi in modo molto evidente, ci sono enti ufficiali che possono fornire regole e quindi non si può addurre, per questo particolare caso, tale tipo di argomentazione storica.” Questa è una valida osservazione e permettetemi di rispondere a essa per esperienza personale.

Alcuni anni fa, noi di Radio Sai, riuscimmo a entrare in possesso di una preziosa serie di nastri audio, relativi ai Discorsi tenuti da Swami negli ormai lontani primi anni settanta. Questi Discorsi furono fatti durante il Corso Estivo e il tema era Bhaja Govindam, uno degli argomenti che preferisco. Avevo precedentemente letto il testo che era disponibile nella pubblicazione della serie “Summer Showers in Brindavan” (Acquazzoni Estivi a Brindavan), contenente i Discorsi in forma scritta. A quei tempi, il defunto signor Kasturi era responsabile della trascrizione dei Discorsi e della loro redazione in forma scritta.

Un giorno, mentre veniva trasmesso un Discorso, mi sedetti vicino alla mia radio con il libro di Kasturi in mano. La traduzione dal vivo era stata effettuata dal defunto dottor Bhagavantham, che non era solamente uno scienziato molto stimato, ma anche un grande studioso delle Scritture e ottimo conoscitore sia del telugu sia dell’inglese. Quando raffrontai la traduzione dal vivo di Bhagavantham con la versione scritta di Kasturi, vi trovai molte differenze. Quindi, mi chiesi: “Qual è la versione corretta?” Vedete, in quel periodo ero nuovo a quel genere di faccende, ragion per cui mi feci tale domanda. Oggi, avendo convissuto con questo genere di cose per molti anni, ne so di più. Poiché di questi argomenti non si discute quasi mai, penso che sarebbe utile cogliere quest’occasione per chiarire molti punti.

La prima cosa che ho compreso è che c’è grande differenza nel modo in cui l’orecchio reagisce alle informazioni che ascolta in confronto all’occhio che legge, ma non ascolta.
Ciò potrebbe sembrare aver poca importanza, ma la cosa racchiude un profondo aspetto psicologico. L’orecchio è molto indulgente nei confronti delle imperfezioni. Quando la gente parla “a braccio”, molti hanno problemi con la sintassi: talvolta fanno ripetizioni, e così via. Tuttavia, quando ascoltiamo il programma dal vivo o su nastro/CD, non sembriamo darcene peso. Dall’altro canto, se la parola detta viene stampata letteralmente, il lettore interrompe la lettura!

So questo per esperienza. Lavorando per Radio Sai ho intervistato molte persone. Abbiamo ricevuto tante lettere d’apprezzamento per i programmi. Quando, però, ho pensato di usare queste interviste per la nostra rivista Web “Cuore a Cuore”, e ho cominciato a trascriverle, ho avuto numerosi problemi.
Si è presto reso evidente che, semplicemente, non potevo pubblicare alla lettera ciò che era stato detto ai microfoni. Dovevo piuttosto apportare qualche “aggiustamento” e poi curarne la pubblicazione; in caso contrario, il materiale dato alla stampa sarebbe stato orribile. Che cosa ho fatto allora? Ho chiuso gli spazi vuoti, cancellato le interiezioni da parte mia, corretto la grammatica ecc., e il prodotto finale è diventato esattamente adatto al contenuto di una rivista.

Pochi sanno che, quando si danno articoli ai giornali, i redattori effettivamente provvedono a qualche ritocco editoriale. Persino eminenti scrittori di libri hanno dovuto sottoporsi al vaglio di un redattore, il quale lavora per l’editore (che ha un interesse economico).

Alla fine ho imparato che, quando le parole scritte vengono registrate, si devono seguire alcune regole fondamentali, e questo è il motivo per cui la versione di Kasturi era diversa da quella di Bhagavantham, fatta dal vivo. Entrambe avevano la loro importanza, l’una per l’occhio e l’altra per l’orecchio; ma la sostanza rimaneva la stessa. A proposito, ho appreso recentemente che molti programmi trasmessi dalla Radio Pubblica Nazionale (NPR) in America – davvero un servizio straordinario – vengono effettivamente pubblicati in forma scritta. Mi sembra di ricordare che venni a conoscenza di ciò quando discussero sull’etica di tali pubblicazioni con il corrispondente del New York Times. Ciò che lo NPR fece fu di lavorare sul nastro registrato, in modo che, gli errori di sintassi, le ripetizioni, i colpi di tosse ecc., fossero eliminati e la conversazione in studio fra l’ospite e il moderatore fosse udita in modo fluido anziché nella forma grossolana in cui era stata registrata.

Forse dovrei aggiungere, fra parentesi, le istruzioni che Swami mi dette quando cercai la Sua Guida al tempo in cui stavo preparando i Suoi Discorsi, per la trasmissione a Radio Sai, con la traduzione consecutiva concomitante di molte lingue. Swami mi disse che avrei dovuto:

    .    a)  Cancellare tutti i riferimenti che Egli fa a individui specifici;
    .    b)  Concentrarmi sul rendere la sostanza delle Sue Parole piuttosto che sul loro 
significato letterale;
    .    c)  Assicurarmi che il prodotto finale contenesse solo la parte puramente spirituale, 
giacché solo quella è importante per l’umanità.

Parlando di traduzioni letterali, sembra che, una volta, un computer fosse stato programmato per tradurre dall’inglese al russo. Quando fu inserita la frase “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, la traduzione che comparse corrispondeva a “invisibile idiota”! Questa, naturalmente, è una storia inventata, ma serve a illustrare i pericoli di stare troppo alla lettera, perdendo, in tal modo, l’essenza. Per Swami, è sempre l’essenza a contare. Accade quindi che Egli spesso parli agli studenti dell’essenza della Gîtâ, piuttosto che dei dettagli. Ciò non significa che i particolari non siano importanti, ma sarebbe insensato se, concentrandosi su di essi, si perdesse del tutto l’essenza.

Non intendo dire che le persone del pubblico non siano interessate a tali faccende, ma, quando io feci questo lavoro per Radio Sai, dovetti darmi molto da fare per esse.
Fra parentesi, potrei menzionare che, durante quel periodo, avemmo circa dieci Discorsi redatti con la traduzione consecutiva in tedesco, russo ecc., incluso il persiano. Quando parlo di traduzione consecutiva, ciò che intendo è che, nella trasmissione, si ascolta la Voce di Swami e successivamente la traduzione in russo o spagnolo o quant’altro, poi ancora la Voce di Swami seguita dalla traduzione in lingua, e così via.
Una cosa è leggere una traduzione, ma tutt’altra esperienza è ascoltare direttamente la Voce dorata e vibrante di Swami e poi sentire la traduzione.
Ho dovuto interrompere questo lavoro a causa di altre priorità, ma ci auguriamo di riprendere questa attività, soprattutto perché abbiamo circa duecento straordinari Discorsi fatti negli anni settanta e ottanta. Sono assolutamente formidabili; il modo di parlare di Swami è talmente intenso e potente! Udendolo, persino un sasso sarebbe costretto a diventare un devoto. Chiedo aiuto e sostegno, perché questo è un compito ingente che un gruppetto di persone come noi, qui a Prashânti Nilayam, non può gestire da solo. Se tuttavia l’Organizzazione si fa avanti per partecipare a questo nobile lavoro, possiamo far dono ai posteri di un autentico tesoro.
Cerchiamo ora di ricapitolare i vari punti che ho sin qui trattato.

Sono i seguenti:

  1. È auspicabile che, per le edizioni stampate, sia usata una sola versione del Discorso di Swami, come modello di riferimento.
  2. La versione di riferimento è, ovviamente, quella del Sanâtana Sârathi.
  3. Essa dovrebbe diventare la fonte delle lingue non inglesi, come lo spagnolo, il russo e quant’altro.
  4. Possibilmente l’Organizzazione dovrebbe fornire adeguate istruzioni a riguardo.
  5. Le persone coinvolte nelle traduzioni dall’inglese in altre lingue devono possedere:
  6. Una buona conoscenza sia dell’inglese sia della lingua in cui traducono;
  7. Una familiarità sufficientemente buona con la letteratura spirituale, in particolare con la letteratura Sai, in modo da poter efficacemente trasmettere il significato dell’originale nella lingua in cui traducono.
     

Potrebbe forse essere una buona idea per il Sanâtana Sârathi fornire, qualora fosse necessario, i termini sanscriti usati da Swami assieme alla traduzione inglese.
Se fosse disponibile una buon vocabolario/glossario dei termini sanscriti correnti, sarebbe facile per i traduttori, facendone uso, fornire una corretta traduzione nella lingua che trattano. Mi hanno detto che un testo simile già esiste. Magari delle persone esperte potrebbero esaminarlo e vedere se vi siano aggiunte o migliorie da apportare.

Vorrei anche suggerire che, magari nel periodo del Compleanno, circa una mezza dozzina dei traduttori principali potrebbero incontrarsi qui a Prashânti Nilayam, proprio come state facendo voi adesso, appianare tutte le problematiche che ruotano attorno alle traduzioni e mettere a punto delle linee guida che tutti potrebbero seguire.