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19680816 - 16 agosto

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Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
16 Agosto 1968

Le orme di Dio



Imprimete dio nel vostro cuore

Questo è il giorno in cui il mondo celebra l’avvento del Signore Krishna che scese sulla terra al fine di tramutarla in cielo e trasformare gli uomini in dei. Questo giorno è stato festeggiato centinaia e migliaia di volte, ma l’uomo splende forse dei gioielli che Krishna gli riversò in grembo? Ha seminato il Suo Messaggio nel cuore facendo sbocciare una vita e delle aspirazioni più elevate? No. La causa è l’ipocrisia che si maschera da devozione! Le parole che la lingua pronuncia nascondono le attività della mente e dei sensi.

Dio è Beatitudine, Estasi e Dolcezza

L’uomo dimentica che, con ogni alba e ogni tramonto, viene tolto un giorno agli anni che gli sono stati assegnati; dalla culla alla tomba egli conduce la vita su una base instabile, nega a se stesso la luce della Saggezza (Jñâna) mentre a fatica si apre una strada attraverso l’impervia giungla della materia. Quella luce rivelerà lo Spirito che risiede in ogni cosa ed essere vivente. Quello Spirito divinizzerà e quindi unificherà.
Il Krishna, il Cui avvento dovreste celebrare, non è il mandriano giovanetto che affascinava la gente dei villaggi con il Suo flauto, ma il Krishna Principio Divino indefinibile e imperscrutabile che viene generato nell’ombelico del corpo (Mathurâ) come prodotto dell’Energia Divina (Devakî), che viene quindi trasportato alla bocca (Gokul) e alimentato dalla lingua (Yashodâ) quale sua fonte di dolcezza. Krishna è la visualizzazione dell’Âtma che la ripetizione del Nome concede, la visione che fu ottenuta da Yashodâ. Voi dovete portare sulla lingua quel Krishna; quando Egli danza su di essa, il veleno della lingua viene sputato completamente senza far danno a nessuno come accadde quando, ancora bambino, Egli ballò sui cappucci del serpente (a cinque teste) Kâliya. Yashodâ Lo rintracciò nel luogo ove si era nascosto seguendo le orme che aveva lasciato dopo aver rotto il vaso di latte acido che ella stava zangolando. Questa è la storia simbolica che illustra come il Signore rompa la nostra identificazione col corpo e ci conduca a Se Stesso tramite segni e segnali che pone tutt’intorno a noi; essi sono sempre presenti in natura intorno a ognuno, nella bellezza del sole che sorge, nell’estasi dell’arcobaleno, nella melodia degli uccelli, sulla superficie dei laghi coperti di loto, nel silenzio delle vette ammantate di neve. In effetti, dato che Dio è dolcezza ed estasi (rasa), tutta la natura, che non è altro che Lui Stesso in azione, è dolce ed estatica. Con o senza forma, Egli è Beatitudine (Ânanda); accoglieteLo nel cuore come Râma, Colui che è gioia e dà gioia, o come Krishna, Colui che vi attrae per mezzo della gioia che dona. Vivete ogni istante con Lui offrendoGli la vostra meditazione, l’adorazione e la ripetizione del Suo Nome: ciò aprirà le porte della Saggezza e della Liberazione. Questa è la caratteristica del saggio, mentre coloro che sono diversi errano nella terra desolata riempiendo il tempo di inezie, inutili trastulli e gingilli.

L’errore fondamentale dell’uomo
“Di che cosa dovrei lamentarmi?” - si chiese Harischandra la notte in cui veniva bruciato un cadavere nel crematoio di cui era custode ed esattore. Egli era, un tempo, il sovrano di un vasto impero, poi un saggio gli chiese i suoi grandi tesori e il regno, ed egli glieli dette considerando la verità come l’ideale più elevato. Quando non ebbe più niente, il saggio gli chiese un’offerta in denaro (dakshinâ) e Harischandra vendette ciò che gli apparteneva, vendette la moglie e il figlio come schiavi e si impiegò come guardiano per racimolare la somma per il saggio. “Dovrei lamentare la perdita dell’impero o il fato di mia moglie e di mio figlio o la mia odiosa occupazione? No. Io piangerò, verserò lacrime soltanto per non aver ancora raggiunto Lui, per non aver ottenuto la Sua Visione”, egli gemeva. “Io per Te, Tu per me.” Questo è tutto ciò di cui si ha bisogno, tutto ciò per cui necessita pregare. Questo è quanto i saggi hanno scoperto dopo anni di angoscia e duro lavoro; questo è ciò che hanno insegnato all’umanità. L’uomo deve ripagare il debito che ha con loro seguendo la strada che essi hanno tracciato e osservando i limiti che hanno suggerito al fine di garantire un viaggio sicuro e vittorioso.
Quando Uddhava andò a Gokul e chiamò le gopî perché si radunassero attorno a lui e apprendessero come raggiungere la Conoscenza, Jñâna, esse non lo considerarono. Non gradivano sprecare i loro preziosi minuti e gli dissero: “Le ore del giorno e della notte non ci sono sufficienti per dedicarci al Nome del Signore. Non ci piacciono le tue acrobazie verbali tese a convincerci che Dio è l’Incarnazione di Esistenza-Conoscenza-Beatitudine (Sat-Chit-Ânanda Svarûpa); noi conosciamo, proviamo e sperimentiamo la Beatitudine ogni momento.” Krishna disse a Uddhava che la stupidità suprema dell’uomo consiste nel suo credere che il corpo sia il Sé (dehâtma buddhi); questo è l’errore fondamentale e la Liberazione segue la sua rimozione. L’India ha il segreto di questo processo di liberazione, eppure gli Indiani sono affascinati dai lustrini e dalle attrattive dell’occidente, dalla sua insaziabile avidità per il sensazionale e per il trionfo competitivo di qualunque tipo. Essi non si rendono conto del fatto che le nazioni occidentali sono immerse nell’ansia, nella paura e nella frustrazione. C’è una storia in cui Lakshmî chiede un giorno a Vishnu se l’umanità si volgerà mai verso Dio, visto che Egli l’ha dotata delle capacità e dei mezzi necessari a una vita confortevole, e Vishnu risponde: “Io l’ho dotata di due qualità che la porteranno a Me: il distacco e lo scontento.” Quando l’uomo si rivolge verso Dio, distaccandosi dalle pastoie del mondo, non soffre più. Tra queste due sponde, l’attaccamento al Divino e il distacco da ciò che è del mondo, la corrente della vita può scorrere velocemente e direttamente verso l’Oceano della Grazia Divina. Consideratevi divini, considerate gli altri divini, tralasciate tutto il resto in voi e negli altri: questa è l’essenza della disciplina spirituale.

Primato della devozione delle gopî
Una volta Nârada chiese a Vishnu: “I saggi (rishi) che avevano raggiunto la più pura saggezza relativa all’Âtma, non poterono ottenere la Tua grazia, mentre le pastorelle illetterate di Gokul, affascinate dalla Tua bellezza, dai Tuoi giochi, dalla Tua musica, dalle Tue parole, dalla Tua dolcezza, dal Tuo imperscrutabile mistero, la ottennero. Come si spiega?” In seguito, Nârada venne a sapere che le gopî avevano Krishna (il Signore) come soffio vitale vero e proprio, come vista effettiva dei loro occhi, udito delle orecchie, gusto della lingua e tatto per la pelle. Mentre pascolavano le mucche e i vitelli, e servivano i mariti e i figli facendo le mille attività della vita secolare, esse vivevano esclusivamente in Krishna, con Krishna e per mezzo di Krishna.


Sarvadâ sarva kâleshu sarvatra hari chintanam
Ovunque, sempre e in ogni circostanza, contemplate Dio.


Come poteva Dio negar loro la Sua grazia? Fu dopo questa rivelazione della superiorità della devozione che Nârada compose i Bhakti Sûtra della Devozione (componenti in stile aforistico sulla devozione) che sono diventati i fari guida degli aspiranti. I Veda salvano con il potere del suono (nâda), con le loro eco mistiche che risuonano nella cavità del cuore purificato. La musica del flauto, che Krishna suonava per attrarre le gopî che rappresentano le anime purificate, non è che il suono dei Veda (Veda Nâda) in un’altra forma.
Râma attraeva il cuore tramite l’emozione della gioia che dava, Krishna attirava il cuore e vi si installava per mezzo della Beatitudine Divina che dispensava: sono due espressioni diverse della stessa Compassione. Dal serbatoio inesauribile della grazia, voi spillate la gioia attraverso un rubinetto: Râma. Altri traggono la stessa gioia e la stessa forza dall’altra cannella: Krishna. Una distinzione senza differenza. La Mia enfasi sul Nâma Sankîrtan e sul Nâgar Sankîrtan è indotta da questa ragione. Una mera abilità dialettica è ora ostentata come istruzione spirituale e interpretazione delle Scritture per l’uomo comune e questo vien fatto principalmente da gente che non ha fede nelle dottrine che sostiene, nel valore delle discipline che raccomanda. Questa gente si comporta sul palco come Harishchandra propagando con abile teatralità la supremazia della verità, ma, fuori di scena, conduce una vita piena di stratagemmi e sotterfugi.

Avvicinatevi sempre più a Dio
Se non praticate ciò che professate, venite condannati come “devoti da palcoscenico”. L’India non sarebbe caduta così in basso se soltanto i suoi figli e figlie avessero messo in pratica un frammento di ciò che ognuno dice siano i suoi doveri e obblighi verso gli altri e verso Dio. Come il fiume scorre in silenzio e inesorabilmente verso il mare, per quanto lungo e difficile sia il viaggio, anche l’uomo deve tenere il Signore in vista e andare ogni momento sempre più vicino a Lui fino alla fusione finale. Il Signore approva grandemente il Dharma; per salvarlo e riportarlo alla sua purezza e luminosità originarie, Egli si assoggetta ad assumere una forma e a camminare in mezzo agli esseri umani come se fosse uno di loro! Quindi, se bramate la grazia di Dio, fate che il Dharma sia l’ispiratore di ogni vostro pensiero, di ogni parola e azione; fate che il sapere che tutti sono ricettacoli del Divino vi ispiri amore, tolleranza, partecipazione e rispetto. Tramite il lavoro condotto nel Dharma, voi progredite verso l’adorazione pienamente consapevole della Divinità in tutti e, attraverso quell’adorazione, ottenete la saggezza sperimentando la Divinità che riempie tutto questo.
Lavoro, adorazione e saggezza: frutto acerbo, frutto maturo e frutto pieno di succo dolce. Questo è l’ordine del progresso spirituale di ogni individuo. Quando il frutto è saturo di dolcezza, cade; questo è il conseguimento.
Una volta Nârada chiese a Krishna il segreto dell’attrazione che il suono del Suo flauto esercitava sulle pastorelle di Brindâvan. Egli domandò: “Sono loro che corrono verso di Te o sei Tu che vai da loro?” “Tra noi non c’è né Io né loro; come può una pittura essere separata dalla tela su cui è dipinta? Io sono impresso nei loro cuori in modo assolutamente inseparabile e inestricabile”, rispose Krishna. Abbiate Dio impresso nel cuore, siate sempre avvinti a Lui indissolubilmente: questo è il Mio Messaggio per voi in questo giorno.

Prashânti Nilayam, 16 agosto 1968,

(Tradotto dal Sanâtana Sârathi, settembre 2010)


“Coltivate la Conoscenza Suprema e vedete il Signore nelle cose e nelle attività. Questo renderà proficua la nascita umana.”
- Baba